L’illusione dei libri di testo: racchiudere un’educazione civica aperta | The textbook illusion: enclosing an open civic education 

PDF:  DOI 10.5281/zenodo.6848716

Abstract

The 92/2019 Italian Law on Civic Education has prompted an immediate response by the Italian publishing market to adapt to the new normative demand induced by the national educational policy: labels, keywords, activities and contents specifically identifiable or explicitly dedicated to “civic education” have flourished in the 2020/2021 editions of textbooks for schools of all levels and, in deference to the reaffirmed transversality of the “new” subject, for every other discipline. Be they digital or paper editions, and whatever the ability of each publishing house to distinguish between the two by enhancing the pedagogical potential of the different media, a systematic analysis of this editorial offer reveals above all the statutory inadequacy of the textbook product in itself with respect to the substantial pedagogical objectives to which Civic Education and more generally the development of the key competence of citizenship, as defined by the latest European Recommendation on the subject, should aim. In this contribution we offer this kind of systematic and critical analysis, documenting and motivating as thoroughly as possible the epistemological and methodological reasons for this inadequacy of the textbook product, with reference to the most popular publishing houses in Italian primary schools in 2020/2021 and their new publishing offers for 2021/2022.

Key words: citizenship education, exclusive identities, open education, discourse analysis, textbook

Un effetto empiricamente certo e documentabile della legge 92/2019 sull’Educazione Civica è stata la pronta risposta del mercato editoriale italiano ad adattarsi alla nuova domanda normativamente indotta dalla politica educativa nazionale: etichette, parole-chiave, attività e contenuti specificamente identificabili o dedicati esplicitamente alla “educazione civica” sono fioriti nelle edizioni 2020/2021 dei libri di testo delle scuole di ogni ordine e grado e, in ossequio alla ribadita trasversalità della “nuova” materia, di ogni disciplina. Ma che si tratti delle edizioni digitali o di quelle cartacee, e delle case editrici più o meno abili nel distinguere tra le due valorizzando le potenzialità pedagogiche rispettive dei differenti supporti di comunicazione, un’analisi sistematica di questa offerta editoriale lascia soprattutto emergere la statutaria inadeguatezza del prodotto libro di testo in sé rispetto agli obiettivi pedagogici sostanziali cui dovrebbero mirare l’Educazione Civica e più in generale lo sviluppo della competenza-chiave di cittadinanza, come la definisce l’ultima Raccomandazione europea in materia. Nel presente contributo offriamo questo tipo di analisi sistematica e critica, documentando e motivando il più possibile a fondo le ragioni epistemologiche e metodologiche di tale inadeguatezza del prodotto libro di testo, in riferimento alle case editrici maggiormente adottate nelle scuole primarie italiane del 2020/2021 e alle loro nuove offerte editoriali per il 2021/2022.

Parole chiave: Educazione civica, identità esclusive, educazione aperta, analisi del discorso, libro di testo

La questione di ricerca

Fino a che punto i libri di testo si possono considerare strumenti efficaci per un’autentica Educazione Civica? Tale questione implica due distinti oggetti di indagine: uno teorico, che prenda in considerazione la relazione strutturale tra la forma libro di testo e il lavoro educativo; l’altro empirico, che documenti con taglio diacronico o sincronico, contestuale o comparatistico, lo stato dell’arte dei libri di testo effettivamente disponibili.

Naturalmente, in entrambi i rami di indagine è necessario dapprima concordare su ciò che intendiamo con “Educazione Civica”. Nella prospettiva del presente articolo e del nostro lavoro di ricerca, proponiamo la seguente descrizione operativa:

Educazione Civica è in un certo senso sinonimo di educazione tout court, nella misura in cui si pensi che “educare” significa far maturare soggettività autonome e al contempo consapevoli e partecipi della dimensione collettiva e perciò politica dell’esistenza umana, qualsiasi sia il suo contesto di sviluppo.
Di conseguenza, se intendiamo l’Educazione Civica come ambito particolare dell’azione scolastica, per raggiungere le sue finalità specifiche essa deve tendere, da un lato, a coordinare le altre discipline del curricolo nella misura in cui i loro obiettivi curricolari hanno diretta pertinenza per l’Educazione Civica stessa e, dall’altro lato, deve integrarle con un percorso proprio, volto a sviluppare in particolare la consapevolezza di sé e l’assunzione del principio di responsabilità in relazione ai sistemi di interdipendenza in cui ogni soggettività umana è inserita nel contesto planetario a differenti scale. È necessario che tale percorso porti allo stesso tempo ad accrescere la comprensione critica degli aspetti istituzionali e organizzativi (in senso giuridico, politico, economico e sociale) e dei mezzi tecnici oggi a disposizione per partecipare attivamente allo sviluppo e al governo di quelle interdipendenze.
L’Educazione Civica così definita mira a stimolare la capacità di applicare le conoscenze e abilità acquisite in ogni disciplina, lungo l’intero percorso scolastico, per partecipare attivamente alla individuazione, comprensione e gestione di problemi collettivi alle differenti scale di appartenenza a comunità politiche, in base alla maturazione di autonomia di giudizio e spirito critico – cioè capacità effettiva di “mettere in questione” – rispetto ai fini e ai valori che possono guidare le scelte collettive.[1]

In base a questa prospettiva, sul piano teorico ci appare evidente che la forma “libro di testo adottato” conduce inevitabilmente qualsiasi pratica educativa di ambito civico, malgrado ogni buona intenzione di partenza, all’aporia: un manuale, un opuscolo, un sussidiario, oppure parti, pagine e percorsi dedicati all’Educazione Civica all’interno di essi, restano prodotti confezionati in ultima analisi per la vendita, e quindi intrinsecamente votati a distinguersi e definirsi in base a una logica che è al contempo di competizione commerciale e di adeguamento alle aspettative dominanti nel sistema culturale e normativo in cui opera una determinata scuola. Nessun libro adottato può fino in fondo riscattare la forma chiusa e trasmissiva, alla fine statica, che già di per sé ogni prodotto comporta: può contenere innumerevoli stimoli a un uso critico e trasformativo di conoscenze e abilità, ma non per definizione contro se stesso, cioè in particolare (e fingendo che esistano libri di testo privi di specifici pregiudizi conoscitivi) contro la selezione che fa dei problemi su cui concentrare l’attenzione degli alunni, contro le implicite scale di priorità che stabilisce tra valori e finalità da perseguire… Eppure acquisire potere critico e trasformativo in campo civico si gioca proprio sulla capacità autonoma di individuare, definire e condividere problemi di rilevanza collettiva; su quella di mettere continuamente in questione la relazione tra scale di valori, comprensione e esperienza della realtà, obiettivi e finalità d’azione, strumenti e mezzi a disposizione.

In questo senso sosteniamo che l’adozione di un testo dominante in campo civico porta automaticamente con sé il messaggio acritico di una scelta che fa autorità, di una guida pre-confezionata che tende a inverare il sogno di ogni marketing editoriale scolastico, vale a dire scambiare il successo commerciale per autorevolezza culturale e in questo caso anche, addirittura, etica. Vale la pena sottolineare che in tal senso la distinzione tra cartaceo e digitale (ebook, hub di risorse multimediali…) cambia ben poco al problema di fondo, nella misura in cui il digitale si limita ad amplificare l’aporia in una sorta di realtà aumentata ancor più pericolosa perché più potentemente illusoria. Né servono i vari tipi di ingredienti esercitativi, interattivi o inclusivi che qualsiasi linea editoriale accortamente inserisce nei prodotti più competitivi, perché questi strumenti devono pur sempre tracciare un cammino a priori che può solo simulare ma mai realmente nascere dai problemi autentici, e quindi contingenti, di ciascuno specifico gruppo classe o alunno o contesto scolastico e territoriale. Anzi, i medesimi sforzi di includere in apparenza nella forma “libro di testo adottato” alcuni stimoli “aperti”, proposte di apprendimento attivo, compiti di realtà, trasformano questi stessi termini in etichette metodologiche svuotate di senso, veicoli di un messaggio pedagogico implicito che abitua soprattutto all’inautenticità. Perciò, l’unica forma di “libro di testo” che ci pare utile è quella che nega se stessa perché nasce e si sviluppa lungo il singolo percorso educativo, nella collaborazione e interazione tra docenti e alunni, nella molteplicità di fonti e di esperienze con cui potersi confrontare in modo realmente critico; elaborato in fieri che serve a posteriori come prodotto di autoriflessione dei protagonisti del percorso o di riflessione esperienziale per altri insegnanti e comunità che si accingano a intraprendere il loro percorso. È in questo tipo di approccio che gli strumenti aggiuntivi del digitale e della multimedialità possono fornire un evidente arricchimento. Si tratta in fondo di recuperare il senso profondo di tentativi e idee che hanno caratterizzato già le pedagogie attive lungo l’intero Novecento: basti pensare alle coraggiose esperienze della Bibliothèque de travail di Freinet in Francia e alle sperimentazioni che in Italia promossero Bruno Ciari e Mario Lodi negli anni Settanta, come recentemente ricostruito nel dettaglio da Maria Rosaria Di Santo (Di Santo, 2022).

Ma non è sul piano dell’indagine teorica che intendiamo focalizzare il presente contributo e non possiamo quindi che rimandare ad altra sede lo sviluppo di queste considerazioni qui necessariamente sintetiche. Ci concentreremo invece sul commento ai risultati di un’indagine empirica che abbiamo condotto sui libri di testo pubblicati per l’anno scolastico 2021/2022 al livello di scuola primaria italiana dagli editori che, in base ai dati ministeriali ufficiali, risultavano coprire circa l’80% delle adozioni dell’anno scolastico precedente (si tratta di tutti i libri di testo di tutte le materie resi disponibili per il citato anno scolastico dai seguenti editori, in ordine alfabetico: Fabbri, Giunti, Il Capitello, La Scuola, La Spiga, Lisciani, A. Mondadori Scuola, Pearson, Piemme, Raffaello). Si tratta di una ricerca sistematica che ci ha già portato a una precedente pubblicazione in inglese, cui rinviamo per la cornice metodologica e una bibliografia esaustiva del corpus analizzato (Pigozzo e Martinelli, 2021). Qui vorremmo ripercorrere per il lettore italiano il discorso critico fondato sui risultati concreti di tale indagine. Crediamo di poter così fornire spunti di riflessione fecondi non soltanto per chi insegna nella scuola primaria ma, più in generale, per il sistema scolastico ad ogni ordine e grado, data la pertinenza trasversale delle considerazioni che seguono.

La retorica dei valori morali e delle regole

Partiamo dalla costante più appariscente. L’impostazione concettuale di tutti i libri di testo analizzati attribuisce un posto centrale alla esibizione di buoni valori e lodevoli intenzioni. Principi ben definiti e dati per scontati non solo abbondano, ma sono esplicitamente promossi come tali e il loro significato tranquillizzante è pienamente sfruttato: gli alunni devono conformarsi ad essi, non c’è traccia di pensiero critico a parte l’inclusione del “pensiero critico” stesso tra i valori promossi...

1.1. Comportarsi bene è rispettare le regole

Se si rispettano le regole, non si può sbagliare! Nonostante l’ostentazione di coerenza con un’era educativa post-trasmissiva, promossa anche graficamente fin dalle copertine, l’acquisizione di ben determinate conoscenze su regole, norme e leggi resta saldamente al primo posto tra gli obiettivi di apprendimento di ogni libro di testo. Fin dall’inizio del percorso scolastico, l’invito a “giocare con le regole” è uguale a quello di imparare a distinguere chiaramente tra giusto e sbagliato, bene e male: “Il semaforo delle regole ha due colori: il verde per le cose giuste e il rosso per le cose sbagliate” (Raffaello 2021b, p. 22 e 17). “Seguire le regole”, “comportamenti corretti e scorretti”, “se ti comporti bene dai il buon esempio” (Giunti 2021r, p. 74) sono tutti principi guida per un sistema sociale in cui il concetto di legalità sembra talmente poco scontato da meritare una particolare enfasi e impegno educativo. In questa prospettiva, imparare l’etica non è così diverso dall’imparare a riordinare la propria classe disordinata: “La maestra non è per niente contenta di come si comportano gli alunni. Racconta quello che vedi. [...] Pensiamoci un po’. E tu, in che modo tratti il tuo materiale scolastico? Qualche volta insieme ai tuoi compagni riordini l’aula?” (Il Capitello 2021b, p. 62). Non c’è da stupirsi, quindi, se troviamo il rispetto di regole ben definite anche al centro di tutti i contenuti dedicati alla “cittadinanza digitale”: “Questo mondo tecnologico ha però le sue regole che vanno rispettate e fatte rispettare. [...] come diventare un bravo cittadino o una brava cittadina digitale” (Ibid., p. 82). Il regno digitale e multimediale della vita di oggi è molto più una questione di trappole e tentazioni che di rischi e opportunità, fino al punto che gli alunni devono riconoscere “tablet” e “cinema” come cose evitabili che non servono per crescere bene (Il Capitello 2021a, p. 40). E se è apparentemente chiaro che “A scuola, come in ogni gruppo di persone che vivono e svolgono insieme delle attività, è importante stabilire delle regole e rispettarle” (Ibidem, p. 20), nella scelta tra insegnare a decidere e gestire le regole oppure insegnare a rispettarle e conformarsi ad esse, come vedremo, i testi scolastici scelgono decisamente la seconda opzione.

1. 2.  La necessità delle regole: principio astratto o legittimazione dell’esistente?

“Fai questo! Non fare quello! Quante regole! Ma servono davvero? [...] Hai capito che le regole servono per far star meglio te e gli altri”. (La Spiga 2021b, p. 49; vedi anche Lisciani 2021b, pp. 6-7). Le regole sono una caratteristica necessaria per relazioni sociali pacifiche: questo è il messaggio centrale che accomuna tutti i libri di testo analizzati. E poiché è anche l’unico che essi promuovono per spiegare perché abbiamo bisogno di regole, gli alunni non hanno idea della storia e delle ragioni e della perfettibilità delle norme specifiche. Basta conoscerle e rispettarle: “REGOLA: Serve a regolare il comportamento delle persone. Gli insiemi di regole vengono raccolti in regolamenti. Anche la tua scuola ha un regolamento: rispettalo!” (Giunti 2021k, p. 71). E fidarsi della loro utilità: “Ci sono delle regole e tu devi imparare a rispettarle! Le regole ci aiutano a vivere bene! Vedrai, ce ne saranno anche a scuola!” (Lisciani 2021b, p. 7) e “le buone maniere, i diritti e i doveri sono indispensabili per vivere insieme agli altri” (Raffaello 2021b, p. 2; anche Giunti 2021k, pp. 12-3 e p. 18).

Ma tutti noi sperimentiamo contesti diversi di “vivere insieme” e “vivere con gli altri”: apparteniamo a gruppi diversi. Quindi le regole sono legate al gruppo e, in ogni contesto, sono un dato di fatto: “A scuola, a casa, nel luogo dove viviamo [...] Le regole esistono [...]” (Giunti 2021c, p. 191) o altrove “la famiglia, la classe, il gruppo sportivo... Ognuno con regole da accettare e rispettare. Le regole ti dicono che cosa devi, puoi o non puoi fare in ogni gruppo” (Giunti 2021f, p. 18). Un allievo competente è dunque quello che dà la risposta “giusta” alla seguente domanda: “Per sentirsi parte integrante di un gruppo, secondo voi, è importante accettare e rispettare le regole? Perché?” (Ibid.).

I libri di testo non hanno dubbi: la conoscenza delle regole e delle norme, con la capacità di rispettarle, sono gli obiettivi di apprendimento fondamentali dell’Educazione Civica e il reale contributo che essa può dare a tutte le discipline del curriculum scolastico. Salute e cura, alimentazione e sport, sicurezza stradale e comunicazione pubblica, modelli di consumo e ambiente... in tutte le sfere del comportamento umano abbiamo già le linee guida giuste da seguire per vivere in un mondo (virtuale e reale) felice. In breve: “- Allora, che cosa dobbiamo fare? - Seguire semplici regole” (Il Capitello 2020a, p. 77) e soprattutto “non tirare la coda al gatto” (Raffaello 2021b, 23). In questo modo ci guadagneremo di certo il nostro “patentino di BRAVO CITTADINO!” (Lisciani 2021a, p. 2 e pp. 67-8).

1. 3. La madre di tutte le regole: la Costituzione italiana

Ogni gruppo ha le sue regole, ma ci sono regole più pervasive e importanti di altre. Come vedremo sotto l’etichetta “nazionalismo metodologico”, sono le leggi del proprio Stato. Ma vale la pena notare qui che, ben prima di capire cos’è uno Stato, gli alunni vengono impregnati dell’idea di un sistema giuridico nazionale che domina tutta la vita sociale: “Per stare insieme dobbiamo imparare a rispettarci l’un l’altro. Non è difficile! Ci sono regole che ci fanno capire che cos’è il rispetto. Queste regole si trovano in un grande libro che si chiama Costituzione” (Raffaello 2021b, p. 29; Lisciani 2021b, p. 97 – vedi anche Raffaello 2021e, p. 121 e Giunti 2021r, pp. 4-6 e La Scuola 2021e, p. 46; Pearson, 2021, p. 30 e p. 2).

Dalle regole alle Leggi: la Costituzione aiuta a fare la transizione e a dischiudere il capitolo dei diritti e doveri dei cittadini. Tutte le regole “ti dicono che cosa puoi fare (DIRITTI), che cosa devi fare (DOVERI) e che cosa non devi fare (PROIBIZIONI, DIVIETI)” (Giunti 2021j, p. 82; e anche La Scuola 2021e, p. 28) ma la Costituzione è la madre di ciascuna di esse: “L’educazione civica è la materia che insegna come essere buoni cittadini. […] Per essere buoni cittadini è fondamentale innanzitutto conoscere quali sono le regole, i diritti e i doveri che siamo chiamati a rispettare per vivere insieme. […] Ma dove si trovano tutte le regole per vivere bene insieme? Le più importanti di tutte sono contenute nella Costituzione della Repubblica italiana” (Giunti 2020d, p. 2; e anche Lisciani 2021b, p. 4).

Ma che dire del mondo? Beh, ognuno di noi appartiene al suo Stato e gli Stati sono i singoli soggetti che possono avere un comportamento buono o cattivo a livello globale: ci sono già delle regole globali che devono rispettare... a partire dalla Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia: “Un giorno i rappresentanti di tutti gli Stati del Pianeta, avendo saputo che in ciascun Paese c’erano fanciulli che vivevano in condizioni difficili, si riunirono intorno a un grande tavolo rotondo nel Palazzo di Vetro dell’ONU per discutere del problema. La soluzione, concordarono insieme, era di prendersi cura dei bambini. Ma in che modo? - Scrivendo delle regole che tutti avrebbero dovuto rispettare” (Giunti 2021d, p. 184 – estratto da Uccello 2016; vedi anche Giunti 2021f, p. 14).

1. 4. Il privilegio dei diritti e la fatica dei doveri

Nei libri di testo per la scuola primaria non si trova alcun accenno al funzionamento dell’ONU, e tanto meno alla sua fondamentale dipendenza dalla cooperazione volontaria tra attori statali. Ma grazie alla Convenzione e, come vedremo più avanti, all’Agenda 2030, l’ONU diventa invariabilmente un simbolo delle lotte giuste per un mondo migliore. Con la sua bandiera sullo sfondo un libro può annunciare con orgoglio: “PER UN MONDO DIRITTO. […] Tutti hanno dei diritti, anche i bambini. I diritti stabiliscono quello che è permesso fare e quello che deve fare chi si occupa di un bambino per assicurargli felicità, salute e sicurezza” (Il Capitello 2021a, p. 42; vedi anche Lisciani 2021b, p. 55; Pearson 2021, p. 24). Se, nonostante tutti gli sforzi, i diritti dell’infanzia e dell’uomo sono ancora distribuiti in modo ineguale nel mondo, la causa viene attribuita al comportamento sbagliato o sottosviluppato da parte di alcuni Stati: “Nei paesi in cui le leggi favoriscono [...] Purtroppo, ancora oggi, in molti Paesi del mondo, donne e bambine non hanno gli stessi diritti riservati agli uomini […] in alcuni Paesi del mondo c’è ancora molto da fare per ridurre le diseguaglianze!” (Pearson 2020b, p. 118 e 130). Una spiegazione che chiede confusamente, allo stesso tempo, un generico comportamento migliore da parte degli individui dei paesi privilegiati... In alcuni casi, questo rimanda al vecchio paradigma caritatevole delle relazioni nord-sud: “Che cosa potete fare per combattere la povertà? Aiutate chi ha bisogno! Sostenete insieme alla famiglia iniziative di beneficienza. Donate vestiti e oggetti ancora in buone condizioni che non usate più” (Giunti 2021k, p. 27).

Questo comportamento caritatevole è l’unico ponte tra il “nostro” e il “loro” contesto di vita, cioè tra una società dove i bambini possono godere pienamente dei loro diritti e luoghi remoti dove altri non lo possono fare: quando si tratta di cause, al contrario, non emerge alcun legame diretto. “La causa principale della fame nel mondo non è la produzione alimentare scarsa, ma la difficoltà di accedere al cibo, cioè l’impossibilità per le persone più povere di acquistare gli alimenti o di avere la terra per coltivarli. Inoltre, negli Stati più ricchi, c’è un continuo spreco alimentare: ogni anno, circa un terzo della produzione mondiale di cibo finisce nella spazzatura e basterebbe a sfamare tutte le persone che soffrono la fame” (Giunti 2020a, p. 7; anche Giunti 2021k, p. 49). Se solo i ricchi non sprecassero così tanto e potessero condividere di più... le radici della loro ricchezza e la loro possibile interdipendenza con l’esistenza della povertà estrema non vengono mai prese in considerazione. Tutto è una questione di sperpero invece che di rapporti di potere e sfruttamento sistemico: e d’altronde “Può un bambino, un ragazzo costruire la pace? Come? Non può ordinare agli eserciti di ritirarsi, né firmare trattati di pace. Non può fermare la produzione di armi né fare leggi sul rispetto dei diritti umani” (Giunti 2021d, p. 191). Il cambiamento reale è presentato sempre come “un sogno difficile da realizzare” (Giunti 2021k, p. 42). Un’onnicomprensiva “etica della convinzione” non lascia spazio alle competenze di base necessarie per sviluppare una solida “etica della responsabilità”. Tutto si riduce a “Non restituire pan per focaccia” (Pearson 2020c, p. 54-55; vedi anche Giunti 2021h, p. 196-7; Giunti 2021r, p. 71; Giunti 2020d, p. 35)!

Di conseguenza, la cittadinanza globale attiva non ha la possibilità di stimolare pensiero critico sulle strutture sociali, ma si riduce piuttosto a: “Cerco di non farmi influenzare dalla pubblicità e scelgo prodotti di piccole aziende” (Pearson 2020c, p. 113), alla cortesia individuale: “Faccio attenzione che le cose che acquisto non siano prodotte da bambini sfruttati” (Pearson 2020a, p. 29) o “è molto importante stare bene, ma anche aiutare gli altri a esserlo” (Giunti 2021k, p. 42) e, alla fin fine, ad alterità che fanno da capro espiatorio: “Conosci situazioni in cui questi diritti non sono rispettati?” (Giunti 2021d, p. 185; vedi anche Giunti 2020d, p. 39).

Lo stesso vale più in generale per tutti i tipi di feedback positivi e negativi all’interno dello stesso sistema dei diritti: nessun libro stimola riflessioni sull’incompatibilità reciproca tra diritti specifici e la necessità di trovare equilibri, di negoziare continuamente fra loro sia a livello individuale che sociale. Con una luminosa eccezione: l’opposizione tra giocare e andare a scuola, in cui quest’ultima azione si trasforma in un “dovere”: “I bambini e le bambine, per esempio, hanno il diritto di giocare e il dovere di andare a scuola” (Giunti 2021r, p. 10). La Costituzione stessa convalida questa idea (Ibid., p. 97). Colpisce la ricorrenza di un medesimo fumetto nei volumi di differenti editori: un bambino o bambina dichiara “giocare è un mio diritto”, uno dei suoi genitori replica “Ma fare i compiti è un tuo dovere!” (Giunti 2020d, p. 2; Lisciani 2021b, p. 55; Giunti 2021k, p. 26).

Come i diritti, anche i doveri sono caratteristiche date e autoreferenziali della vita sociale. L’assenza di problematizzazione nei loro confronti li rende solidi e fermi nella mente degli alunni, ma impedisce al contempo le sinergie tra responsabilità e desideri, coscienza e bisogni: “Hai capito che cos’è un dovere? […] Un dovere è una cosa che facciamo solo se ne abbiamo voglia; un dovere è una cosa che dobbiamo fare, cioè che abbiamo l’obbligo di fare” (Giunti 2021k, p. 26). Ecco perché l’altra faccia delle regole e della moralità esibita nei libri è sempre la faticosità dei doveri: “RICORDATE: Se volete che vengano rispettate, le regole devono essere poche ma buone!” (Giunti 2021c, p. 175), tanto da giustificare sforzi di semplificazione che qualcuno arriva a ridurre a “Cinque principi per la vita”, salvo poi domandarsi lo stesso: “Ma perché è così difficile mettere in pratica questi principi?” (Giunti 2021h, p. 196-7).

Crescere e sviluppare capacità civiche, in tale cornice discorsiva, significa fondamentalmente lavorare senza sosta su questa attitudine all’accettazione di onerose regole, doveri... e prescrizioni quando serve! “Segui i suggerimenti dei tuoi genitori e del tuo medico per prevenire le malattie. E se ti capita di ammalarti, segui tutte le indicazioni che ti danno e prendi le medicine che ti consigliano. Non è il momento di fare i capricci!” (Giunti 2021k, p. 44). Sulla scia di un simile discorso, qualsiasi etichetta didattica che promuova l’apprendimento attivo e il coinvolgimento degli alunni suona come una presa in giro: “Tu, come tutti i bambini e le bambine del mondo, hai idee e opinioni valide e interessanti da far presenti. Certo devi ancora imparare molte cose, ma è importante che a casa, a scuola e nel tuo quartiere ci siano dei momenti in cui tu possa confrontarti con gli altri ed essere ascoltato/a. Pensa che l’art. 12 della Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia afferma proprio il diritto [...] Hai qualche idea che potrebbe migliorare le attività che svolgi nel tuo tempo libero?” (Giunti 2021f, p. 22 – sottolineiamo noi nel testo; vedi anche Pearson 2020e, p. 71; vale in generale per La Scuola 2021b e Pearson 2020b; Il Capitello 2020a, p. 20). Con la notevole eccezione di un compito autentico basato su un problema reale in un solo libro (Il Capitello 2021a, pp. 56-7 e 64-65), comportarsi correttamente e sognare un mondo migliore sono le uniche opzioni effettivamente offerte alla capacità d’azione infantile: “Tu che sei un bambino puoi cominciare a sognare un mondo diverso per diventare in futuro un adulto responsabile, che riconosca sempre i diritti di tutti, bambini compresi” (La Scuola 2021a, p. 157).

Come vedremo ora, questa tendenza ha conseguenze particolarmente riduttive per l’educazione allo sviluppo sostenibile: “Pratica sempre in famiglia la raccolta differenziata dei rifiuti: è fastidioso, ma necessario!” (Giunti 2021g, p. 221; vedi anche Pearson 2021, p. 36; Raffaello 2021e, p. 125).

La sostenibilità banalizzata

“La tua impronta sul pianeta! Tu sei un cittadino, una cittadina del pianeta Terra e su di esso lasci un’impronta. Come dice l’ecologia, che studia la relazione tra esseri umani, vegetali, animali e ambiente in cui vivono, tutto è connesso e collegato! Il compito di un cittadino o una cittadina responsabile come te è quello di trattare bene e proteggere il pianeta: devi lasciare impronte piccole e poco dannose. Come puoi fare? Per esempio, puoi buttare i rifiuti negli appositi cassonetti e non per terra” (Giunti 2021f, p. 30).

2. 1. Sminuire il messaggio, esorcizzare la paura

Di fronte alle sfide ambientali che incombono, la retorica delle buone intenzioni trova il suo miglior alleato in quella che potremmo chiamare l’illusione tecnologica. Sì, abbiamo problemi. Sì, sono enormi e innegabilmente pericolosi - anche se alcuni libri continuano a sottovalutarli con clausole condizionali (Pearson 2020b, p. 32; vedi anche La Scuola 2021b, p. 35; Giunti 2020c, p. 71; Giunti 2021a, p. 171; Raffaello 2021e, pp. 124-5; Il Capitello 2021a, p. 5). Comunque, sai che c’è? Le correzioni tecniche sono facilmente concepibili: “Immagina che una città sia dotata di sensori per l’inquinamento dell’aria che comunicano agli smartphone degli abitanti del quartiere in cui si trovano i livelli di inquinamento, in modo tale che gli stessi abitanti usando meno le auto e il riscaldamento contribuiscano rapidamente all’abbassamento dell’inquinamento e possano monitorarlo” (Pearson 2020f, p. 150).

E almeno in parte, le soluzioni pratiche sono già disponibili! Il riciclaggio è acriticamente sostenuto da tutti i libri analizzati come la soluzione definitiva alla produzione di rifiuti: “RICICLARE. Grazie alle tecniche più avanzate, si può arrivare a riciclare oltre il 75% dei materiali di scarto. L’industria farà poi nuovi oggetti utilizzando questi materiali, evitando di consumare nuove materie prime. Il vetro diventa nuovo vetro; la plastica diventa plastica, pile, borse ecc.” (Giunti 2021k, p. 38; vedi anche La Scuola 2021b, p. 119; Giunti 2021i, p. 71). Intorno a questo imperativo del riciclaggio, tanto giusto quanto insufficiente e in ritardo di decenni, varie R gemelle aprono la strada verso un messaggio rassicurante commerciabile e alla moda, che parla direttamente all’integrità individuale e prevede chiare regole di comportamento. Le tre o quattro o cinque R sono un vero e proprio mantra dei libri di testo scolastici di oggi (“le tre R: Ridurre, Riutilizzare, Riciclare” in Pearson 2020d, p. 10; Giunti 2021p, p. 91; Pearson 2021, p. 40; Giunti 2020c, p. 68; Giunti 2021j, p. 86 e Lisciani 2021b, pp. 120-3 aggiunge anche “recuperare”; Giunti 2021a, p. 186 si concentra originalmente su “ridurre gli sprechi”, “regolare i consumi” e “riparare le perdite”).

“L’essere umano piano piano ha modificato l’ambiente per renderlo adatto ai suoi bisogni. Con il tempo, però, ha esagerato un po’, finendo per danneggiarlo. Questo percorso ti farà capire […] che tu puoi fare la tua parte per vivere su un pianeta stupendo, confortevole e sano” (Giunti 2021k, p. 30). Nessuno ti aiuta a riflettere sul perché tutto questo sia accaduto e soprattutto sui motivi per cui risulta ancora così difficile fare altrimenti.

2. 2. Individualismo metodologico

“Le nostre scelte quotidiane sono i primi passi verso il cambiamento per il benessere di tutti” (Pearson 2020b, p. 35). A prima vista, i libri sembrano dimostrare che nessun altro argomento può stimolare l’apprendimento attivo e la partecipazione diretta degli alunni quanto la necessità della sostenibilità e della protezione ambientale. Eppure tutti gli editori analizzati incanalano, in uno o più libri, questo appello ad essere parte di un necessario cambio di paradigma in un discorso molto semplicistico, a volte risibile (“Che cosa possiamo fare noi? Mettiamoci in azione: io non getto i rifiuti a terra e se ne vedo uno lo getto nel cestino!”: Il Capitello 2021a, p. 8; vedi anche Lisciani 2021a, pp. 40-41) e in azioni sempre riduttive (Raffaello 2021c, p. 27; Raffaello 2021b, p. 33; Il Capitello 2020a, pp. 60-1; Giunti 2021c, pp. 168-9 e 173; Raffaello 2021c, p. 14; La Scuola 2021b, p. 127; Giunti 2021l, pp. 160-1; Giunti 2021r, p. 23; Pearson 2020a, p. 29).

Come se i grandi problemi collettivi potessero essere spiegati e risolti da una somma meccanicista di piccoli comportamenti individuali: “Io rispetto la natura e faccio la raccolta differenziata” (Giunti 2021j, p. 85; vedi anche Lisciani 2021b, pp. 22-23; La Spiga 2021b, pp. 66-7). Anche le “menti critiche” e i “cuori intelligenti” auspicati da Pearson 2021, p. 3, traducono ogni obiettivo dell’Agenda 2030 in nient’altro che una lista normativa di comportamenti insignificanti, come: “ENERGIA PULITA E ACCESSIBILE. GESTO: SPEGNERE LA LUCE. [...] RIDURRE LE DISEGUAGLIANZE. GESTO: PRESTARE UNA PENNA O UN FOGLIO A UN/UNA COMPAGNO/A” (Ibid., pp. 8-9; le parole sono scritte interamente in maiuscolo nel testo originario). Questo è il tipo di “piccoli gesti” che può generare “una grande rivoluzione” e premiare gli alunni attivi con il “PASSAPORTO DEL PERFETTO RIVOLUZIONARIO” (La Scuola 2021e, p. 46).

2. 3. Incongruenze e contraddizioni

Non è solo la nostra argomentazione a evidenziare l’inadeguatezza di tale visione: essa è patente all’interno dei libri stessi. Le contraddizioni abbondano, indipendentemente dallo specifico testo o editore. I biasimati oggetti di plastica possono essere buoni strumenti per imparare a contare (Raffaello 2021a, passim), il consumismo e la competizione fine a se stessa diventano la norma incontestata quando si tratta del commercio (La Scuola 2021b, p. 92; Raffaello 2021e, pp. 178-9), gli aerei altamente inquinanti possono aiutare a ricordare la bandiera italiana (Raffaello 2021e, p. 121).

Ma un’incoerenza più sottile minaccia tutte le buone intenzioni pedagogiche in questo campo: scambiare lo sviluppo per la crescita, ovvero pretendere di salvare capra e cavoli (Vedi Che lettura! 5, 2021, p. 189; vedi anche Giunti 2021r, pp. 19 e 95): “Lo sviluppo è il progresso (economico e sociale) che permette di migliorare le condizioni di vita delle persone. È definito sostenibile quando è in grado di soddisfare i bisogni delle generazioni attuali […] pensando anche a quelli delle generazioni future (Pearson 2020b, p. 1; vedi anche Il Capitello 2020a, p. 54; vedi anche Pearson 2020f, p. 74). Che si tratti di sostenibilità ambientale o sociale, la sfida è sempre duplice, risolvere i problemi senza sacrificare la propria normalità e i propri privilegi acquisiti: “Ma c’è anche un altro modo, più giusto, di fare le cose: si possono comprare, trasformare e vendere i prodotti dei Paesi più poveri non solo per trarne guadagno, ma anche per sostenere i loro produttori.” (Giunti 2021h, p. 185).

2. 4. Un cambio di paradigma che non implica alcun cambiamento istituzionale

Ma la crescita economica e la prosperità materiale non sono lo strato più profondo della insostenibile normalità che evidentemente ci ostiniamo a voler conservare generazione dopo generazione. Se i libri di testo scolastici dopo tutto possono fingere di stimolare la domanda di cambiamento in campo ambientale e sociale, sono proprio smaccatamente conservatori quando si viene alle istituzioni. Questa ci sembra sia la ragione più rilevante per cui l’azione individuale viene sempre ricondotta alle regole e ai valori morali esistenti; dal globale: “Le azioni per salvaguardare il nostro pianeta dipendono soprattutto dalle decisioni internazionali e da quelle dei governi di ogni paese, ma ciascuno di noi può impegnarsi per aiutare il pianeta” (Pearson 2020b, p. 33; passo identico in Pearson 2020d, p. 11, p. 98 and Pearson 2020c, p. 111; vedi anche Lisciani 2021a, p. 95), al locale: “Le decisioni per l’organizzazione […] del territorio di un Comune vengono prese dal Sindaco e dai Consiglieri […] Anche tu, come ogni cittadino, puoi fare ogni giorno la tua parte per tutelare il territorio del tuo Comune!” (Giunti 2021p, p. 13; vedi anche Pearson 2020b, p. 62-3 e 82-3).

Come abbiamo già notato parlando di diritti, gli alunni sono invariabilmente informati sulla necessità di “relazioni amichevoli tra le nazioni” (Giunti 2021d, p. 185) per raggiungere obiettivi globali: “La parola “globale” significa universale, cioè valida in ogni tempo e in ogni luogo” (Giunti 2021r, p. 19) come spiega un libro per chiarire la portata dell’Agenda 2030. Proprio come gli individui all’interno delle loro comunità, per raggiungere obiettivi di livello mondiale ogni Stato deve solo aggiungere il proprio contributo al complesso meccanicistico della cooperazione internazionale: “Nel 2015 i rappresentanti di molti Paesi della Terra si sono riuniti e hanno discusso a lungo i problemi del mondo. Le decisioni prese di comune accordo sono state raccolte in un documento chiamato Agenda 2030” (Raffaello 2021b, p. 75) ed è perciò naturale che “tutti i Paesi del mondo sono chiamati a mettere in atto strategie per uno sviluppo sostenibile e a contribuire alla tutela dell’ambiente per le generazioni future” (Raffaello 2021c, p. 27; vedi anche Pearson 2020d, p. 10 e Giunti 2020a, p. 6; Raffaello 2021c, p. 14) e gli alunni possono andare orgogliosi della “industria italiana del mobile” che ricicla “2/3 milioni di tonnellate di legno” (Giunti 2021d, p. 176).

Se nonostante l’urgente appello della scienza a fare di più e nonostante l’Agenda e i suoi buoni obiettivi “finora non è cambiato granché” (Giunti 2021g, pp. 208-9), in nessun modo gli alunni sono resi consapevoli di una specifica questione di sostenibilità nella sfera istituzionale della vita umana... ma “Su una cosa” i loro libri “sono tutti d’accordo: è ora che le persone comincino seriamente a proteggere il clima. Altrimenti arriverà il momento in cui la Terra non si potrà più salvare” (Ibid., p. 209). Di conseguenza, il modo in cui i libri di testo affrontano le istituzioni merita di diventare un oggetto di analisi a sé stante...

Istituzioni

3. 1. Beni comuni esclusivi

Non c’è dubbio: i libri di testo raramente mancano di menzionare o evidenziare attraverso titoli, simboli, etichette e pagine dedicate il loro contributo alla cittadinanza globale e all’educazione alla cittadinanza europea. Tuttavia, utilizzando questi materiali didattici, agli alunni non è data alcuna possibilità di sviluppare la minima incertezza sul ruolo centrale, essenziale e preliminare dello Stato nazionale nello sviluppo del loro senso di appartenenza, dell’identità personale e della coscienza civica. Il nazionalismo e una concezione esclusiva delle identità civiche non sono naturalmente un messaggio esplicito o chiaramente rivendicato da nessun libro: ma proprio per questo, è il messaggio più efficace che quegli stessi libri riescono efficacemente a infondere come parte del loro “curriculum implicito”.

Prima di ogni dettaglio sul funzionamento delle istituzioni nazionali, questo compito è assolto dalla retorica di ciò che possiamo chiamare con un significativo ossimoro “beni comuni esclusivi”, cioè il patrimonio naturale e culturale che è magicamente sentito come “pubblico” e “privato” allo stesso tempo. Appartiene a tutti nel mondo, ma è la proprietà più preziosa della comunità nazionale: “Nessun Paese al mondo possiede un patrimonio storico e artistico vario, ricco e imponente come l’Italia. [...] Questo immenso patrimonio ci informa sul nostro straordinario passato e su come vivevano i popoli che si sono succeduti in Italia” (Giunti 2020d, p. 46 e 49; vedi anche Lisciani 2021a, p. 14 – vedi anche pp. 15-21; Il Capitello 2020a, pp. 27 e 28; Pearson 2021, p. 42; Raffaello 2021h, pp. 76-7; La Scuola 2021d, p. 96; Giunti 2021r, p. 48; La Scuola 2021b, p. 88).

Questo orgoglio nazionale può proiettarsi all’indietro fino ai tempi più remoti della storia dell’uomo e della Terra, purché prenda i suoi oggetti peculiari all’interno dei confini del recentissimo Stato nazionale, come esemplificato da: la tradizione culinaria (“La tradizione culinaria italiana è famosa in tutto il mondo, perché i nostri antenati hanno saputo fondere l’amore per la loro terra con una dieta equilibrata e ottimi sapori”: La Scuola 2021e, p. 12), gli alberi pluricentenari “monumento d’Italia” (Giunti 2021a, p. 176), i monumenti naturali in generale (Raffaello 2021c, pp. 40-41, 56-7, 59, 72), le catene montuose (“Gli appennini: una catena solo italiana. A differenza delle Alpi, che condividiamo anche con altri Paesi europei”, in La Scuola 2021b, p. 48), le città storiche (Giunti 2021p, p. 14), la biodiversità e il turismo (Giunti 2021r, p. 24 e 46), le parole “straniere” assimilate (Raffaello 2021f, p. 25), la diversità regionale del ‘made in Italy’ (Raffaello 2021h, p. 37 e seguenti; Pearson 2020d, p. 13) e… la mafia: “La mafia è un’organizzazione criminale che è nata agli inizi dell’Ottocento nel nostro Paese e che si è diffusa in tutto il mondo” (Giunti 2021r, p. 79).

Gli aggettivi possessivi alla prima persona plurale sono quasi invariabilmente riservati a tutte le caratteristiche dell’appartenenza nazionale: ‘il nostro paese’ è “il territorio in cui viviamo” (Giunti 2021q, p. 135; vedi anche Pearson 2020b, p. 5; Giunti 2021p, p. 34; Lisciani 2021a, p. 30). La concezione stessa di “territorio” geografico è intrisa di questo ideale, nonostante le enormi diversità ambientali e climatiche che la penisola contiene e che i libri di testo sfruttano per insegnare la geografia fisica: “Nelle prossime pagine approfondirai il rapporto tra l’uomo e il territorio in cui vive. Scoprirai: quanti sono gli italiani; dove vivono: i paesi e le città; come utilizzano le risorse dell’ambiente” (Giunti 2021q, 171). Anche se tutti i libri di testo distinguono teoricamente tra geografia fisica e politica, in pratica c’è una costante confusione tra le due: “Le Alpi rappresentano il nostro confine naturale con il resto dell’Europa, perché separano la penisola italiana dagli altri Stati europei” (La Scuola 2021b, p. 44; vedi anche Giunti 2021q, p. 110; Giunti 2020a, pp. 2-3).

3. 2. Nazionalismo metodologico

In definitiva, si può affermare che i libri di testo semplicemente avallano il “nazionalismo metodologico” (Beck e Cronin, 2014) palesemente incoraggiato dalle Linee guida ministeriali attraverso gli obiettivi del nucleo concettuale che non a caso viene denominato “Costituzione”, nucleo che concerne tutte le conoscenze e le competenze che gli alunni devono acquisire sulle istituzioni e sulla cittadinanza in generale: “Per diventare cittadino/a è necessario conoscere la COSTITUZIONE ITALIANA!” (Il Capitello 2020a, p. 19) perché “CITTADINO” è “colui che partecipa attivamente alla vita dello Stato […] DEMOCRAZIA: non decidono solo poche persone ma tutti, perché lo Stato è di tutti [...] POLITICA: è l’attività di governare, organizzare e amministrare uno Stato” (Ibid., p. 44; vedi anche Giunti 2021j, p. 83; Giunti 2020d, p. 16). Se non fosse abbastanza chiaro: “Il buon cittadino o la buona cittadina è chi segue le regole e le leggi del proprio Paese e si preoccupa del bene pubblico” (Giunti 2021r, p. 94). E dal punto di vista dei doveri, nessuno è escluso: “Anche se non hai la cittadinanza, puoi essere un bravo cittadino o una brava cittadina che segue le regole e si prende cura del bene comune e delle altre persone” (Giunti 2021k, p. 70; anche Il Capitello 2020a, p. 44).

Questo percorso educativo prende il via fin dai primi anni, preferibilmente attraverso l’alfabetizzazione ai simboli: “Così come ogni squadra di calcio ha la propria maglia e i propri colori, anche ogni Paese del mondo ha i suoi simboli caratteristici: la bandiera e l’inno nazionale sono i più conosciuti. [...] Imparerai come è organizzato e come funziona lo Stato italiano di cui anche tu fai parte!” (Giunti 2021r, p. 54, vedi anche 55 e 57). Bandiera, emblemi, riti, celebrazioni sono sparsi nelle pagine dei libri di testo ben oltre quelle dedicate all’educazione civica, cui in compenso spetta il monopolio di fornire i dettagli più fini sul loro significato. Ciò colpisce soprattutto quando si canta, si impara a memoria o si parla dell’inno nazionale e dei suoi aspetti militari (“porga la chioma”, “coorte”... Il Capitello 2020a, p. 38-1; vedi anche Lisciani 2021b, p. 44; Pearson 2021, p. 30). Del resto è vero che “le Frecce tricolori contribuiscono a tante attività benefiche, partecipando a iniziative sportive e sociali” (Lisciani 2021a, pp. 7-10). Alla fine di un simile itinerario, gli alunni non possono esitare: “Pensi che per essere un buon cittadino sia necessario conoscere la storia della Repubblica? Ritieni giusto l’impiego dell’Esercito italiano in missioni umanitarie?” (Ibid., p. 20).

Peraltro, i libri di testo non fanno altro che amplificare e portare in primo piano alcune note dominanti del rumore di fondo schiacciante prodotto da tutti i media mainstream e dai discorsi sociali: “La famiglia, il gruppo di amici, la classe, la squadra sportiva, il quartiere, il paese o la città in cui viviamo... C’è una comunità più grande di tutte queste e che le comprende tutte: lo Stato. Tu vivi in Italia e fai parte dello Stato italiano” (Giunti 2021k, p. 58). Così gli alunni si preparano, una volta diventati più grandi, a portare il fardello dei dettagli nozionistici sul “nostro” sistema e regime statale, sul posto delle autorità locali, su singoli ambiti legislativi... Potremmo citare qui l’intero corpus dei libri di testo adottabili. Ci limitiamo a osservare che la “democrazia” consiste sempre nella “regola della maggioranza” senza il minimo accenno a maggioranze e principi di voto diversi, al ruolo (non solo il rispetto!) delle minoranze, alla necessità di un’informazione accessibile e di un dibattito libero... (La Scuola 2021e, p. 28; Giunti 2021c, p. 175 e 191; Giunti 2020b, p. 23; Giunti 2021r, p. 8; Giunti 2020d, p. 9; Il Capitello 2020a, p. 21)

Come abbiamo visto, la priorità data alla cittadinanza e all’appartenenza nazionale coesiste perfettamente con l’idea di un sistema mondiale degli Stati e con l’imperativo morale dei beni comuni globali. L’Italia è “uno degli Stati della Terra: il suo territorio è delimitato da confini e governato da leggi” (Giunti 2020a, p. 3) ma è anche parte dell’Onu e ha firmato la Convenzione sui diritti dell’infanzia (Giunti 2021m, p. 127; Giunti 2021d, p. 184; Il Capitello 2020a, p. 3): quindi nessun dubbio sulla nostra buona volontà in una comunità globalizzata dove lo “straniero” e l’“interno” mantengono ancora il loro inconfondibile significato (Giunti 2021d, p. 156 e Giunti 2020a, p. 19; vedi anche tutta la struttura de La Scuola 2021d). Motivo di più per sottolineare come tutti i messaggi internazionalisti non sono che una delle declinazioni necessarie del nazionalismo metodologico: “Impara una parola per ogni Paese del mondo. Esistono ben 206 nazioni e ognuna custodisce veri e propri tesori culturali. Procurati un planisfero politico e trova un simbolo per ogni Stato: scopri alcune curiosità che lo riguardano, imparale e raccontale” (La Scuola 2021e, p. 46; vedi anche Giunti 2021h, p. 34).

3. 3. L’inclassificabile Unione Europea

L’UE merita un’attenzione speciale in questo contesto. La legge 92/2019 affianca la conoscenza delle sue istituzioni a quella della Costituzione come primo obiettivo di apprendimento dell’educazione civica. Eppure le linee guida ministeriali mettono poi la UE sullo stesso livello di tutte le altre organizzazioni “internazionali”, confondendo in modo impressionante in alcuni passaggi il diritto “comunitario” con quello “internazionale”. Non c’è quindi da stupirsi se i libri di testo non mancano di dedicare alcune limitate pagine al tema, parte delle quali però è dedicata a mettere in bella mostra... notizie sulla Brexit! (Raffaello 2021g, p. 76; Raffaello 2021h, p. 34; Il Capitello 2020a, p. 45; Pearson 2020d, p. 96; Giunti 2020a, p. 10) Questa strana “bestia istituzionale”, di cui anche l’Italia fa parte, merita talvolta lo stesso tono glorificante e lo stesso ruolo mistificatorio che spetta allo Stato nazionale quando si parla di geografia fisica: “IO E TE, NOI, SIAMO CITTADINI DELL’UNIONE EUROPEA. L’EUROPA È LA NOSTRA GRANDE CASA COMUNE” (Raffaello 2021b, p. 2). Non che molti libri non facciano la distinzione tra UE e Europa, tuttavia la ferma convinzione con cui quest’ultima è detta avere dei chiari “confini” trasmette quelle che restano convenzioni storiche, culturali e politiche come fatti di natura: “L’EUROPA FISICA. La posizione e i confini. L’Europa si trova nell’emisfero nord della Terra ed è unita all’Asia. A differenza di tutti gli altri continenti (America, Africa, Oceania, Antartide) Europa e Asia non sono separate da oceani o mari. Il confine tra Europa e Asia coincide con la catena dei monti Urali, il fiume Ural, il Mar Caspio e la regione del Caucaso. L’Europa è tra i più piccoli continenti della Terra” (Giunti 2021q, p. 126) e più sinteticamente: “L’Europa è un continente, cioè una grande distesa di terra con propri confini naturali” (La Scuola 2021d, p. 44). Ma, quel che più importa, la ragion d’essere dell’Unione Europea non è poi mai chiarita in relazione a sfide odierne, a bisogni, ad aspettative o a qualsiasi altro tangibile nesso con i sentimenti concreti dei cittadini, ciò che contribuirebbe a dare impulso a un senso di appartenenza europeo genuinamente civico senza bisogno di scimmiottare perciò il nazionalismo metodologico. Con la bandiera dell’UE e la Costituzione italiana sullo sfondo: “La Costituzione è il grande libro dei d.... e dei d..... uguali per tutti. In Europa le bambine e i bambini hanno diritto di s.... b.” (Raffaello 2021b, p. 41; anche p. 2 – DIRITTI, DOVERI, STARE, BENE).

Non stupisce, quindi, molti libri di testo diano informazioni imprecise sulle competenze e sul funzionamento dell’UE: “L’Italia è uno Stato indipendente, che fa parte di un altro Stato ancora più grande: l’Unione europea” (Raffaello 2021b, 66). Nonostante una fortissima propensione verso un approccio “diritti e doveri” all’educazione civica, la Carta dei diritti fondamentali dell’UE è raramente citata (eccezione: Il Capitello 2020a, pp. 48-9 e Giunti 2021q, p. 99; Giunti 2021r, p. 67). Si trasmette l’idea imprecisa e fuorviante che l’euro sia entrato in vigore nel 2002 invece che nel 1999 (Raffaello 2021h, p. 34; Raffaello 2021b, p. 76; Giunti 2021q, p. 98; Giunti 2020a, p. 12; Pearson 2019, p. 76). Il Consiglio europeo viene talvolta scambiato per il Consiglio (Giunti 2020a, QE p. 2; Pearson 2020d, p. 97 - in La Scuola 2021d, p. 45 è il Consiglio d’Europa...) mentre l’appartenenza nazionale dei commissari viene spesso sottolineata nonostante il significato sovranazionale che gli stessi Trattati attribuiscono a tale funzione (Giunti 2021q, p. 99; Raffaello 2021h, p. 35). Le competenze specifiche sono elencate in modo arbitrario e talvolta confuso (Pearson 2019, p. 76; Pearson 2020d, p. 96; Giunti 2021r, p. 56). Nonostante un Parlamento eletto e una Corte di giustizia, l’UE rimane nei testi principalmente un risultato della cooperazione internazionale (Il Capitello 2020a, p. 45; Raffaello 2021h, p. 34) e un’impresa “economica” più che “politica”: anche la narrazione che viene fatta della sua storia contribuisce spesso a sottolinearlo, facendo risalire le sue origini alla CEE e al 1957 piuttosto che al 1950 (Giunti 2021q, p. 98; Giunti 2020a, p. 10; Giunti 2020a, QE p. 2; La Scuola 2021d, p. 45; Pearson 2019, p. 76; Pearson 2020d, p. 96).

La pace e le radici belliche dell’unità europea meriterebbero un discorso del tutto separato poiché questi argomenti interferiscono molto spesso con la narrazione nazionale sulla nascita della Costituzione e della Repubblica italiana: nessun libro evidenzia in ogni caso l’interconnessione storica tra questi due filoni della cittadinanza contemporanea, tanto meno quando è in questione il ricordo della Shoah (su pace e UE: Raffaello 2021b, p. 40; Raffaello 2021h, p. 34; Il Capitello 2020a, p. 46; sulla pace e la Repubblica italiana: Raffaello 2021e, p. 123; La Scuola 2021e, p. 46; Lisciani 2021a, p. 100; Raffaello 2021b, p. 36; Giunti 2020b, p. 64; Raffaello 2021d, p. 96; Giunti 2021h, p. 118; La Scuola 2021c, p. 115; Giunti 2021r, p. 64).

Conclusione

Alla base di tutti i fenomeni ideologici ed epistemologici che abbiamo classificato in questo studio, c’è una caratteristica più generale che tutti i libri di testo del nostro corpus condividono – in parte inevitabilmente, a causa della struttura semiotica stessa del “libro di testo da adottare”. Come abbiamo già notato a inizio articolo, infatti, che sia tradizionale, digitale o transmediale, un libro di testo ha bisogno in quanto tale di essere venduto come un prodotto finito, che non consente alcuna reale interazione paritaria e reciproca con i suoi singoli utenti nella vita reale. Le parole, le etichette, i loghi e i segni distintivi hanno bisogno di fissare e dare per ben identificati tutti i tipi di oggetti di apprendimento (poco importa che rinviino a fenomeni naturali o culturali), che sono in realtà sempre più complessi, variegati, mutevoli, interconnessi di quanto qualsiasi strumento didattico statico possa raccontare o mostrare. Invece di promuovere l’interrogazione e il pensiero critico, a nostro avviso questo genera e alimenta un paradigma di “identità esclusiva”, di identificazione per distinzione da alterità percepite come assolute, che suggerisce continuamente una struttura binaria del mondo.

Perciò, non stupisce che nella nostra analisi empirica si trovino specifiche conferme di tale fenomeno, cui in realtà va ricondotto lo stesso nazionalismo metodologico che abbiamo più volte messo in luce criticamente. Ma ci sembra importante indicare le innumerevoli altre dicotomie che abbiamo individuato e che potrebbero stimolare ulteriori riflessioni critiche: esseri umani vs animali (Raffaello 2021a, p. 230-2; Lisciani 2021b, p. 104), amici vs nemici (“eco-schiappe” in Giunti 2021f, p. 28 e Giunti 2021f, pp. 32-33; COVID in Giunti 2021k, p. 45 e Giunti 2021r, p. 32; i supercriminali digitali in Raffaello 2021h, p. 100; i “bulli” o “cyber-bulli” in La Scuola 2021b, p. 89; Giunti 2021d, p. 214; Giunti 2021h, pp. 178-9; Lisciani 2021a, p. 25; Il Capitello 2020a, p. 80; Pearson 2021, pp. 46-7), nativi vs stranieri (Giunti 2020d, p. 32; Raffaello 2021b, p. 73), io o noi vs loro (Giunti 2021q, p. 103; Giunti 2020a, p.15 Lisciani 2021a, p. 90; Giunti 2021b, p. 108; La Scuola 2021e, p. 26; Giunti 2021k, p. 6; Giunti 2021j, p. 85; Raffaello 2021b, p. 71; Giunti 2021d, p. 80; Raffaello 2021b, p. 6 e Giunti 2021e, p. 28), ricco o sviluppato o settentrionale vs povero o sottosviluppato o meridionale (Giunti 2021r, p. 10; Lisciani 2021a, pp. 104-5; Pearson 2021b, p. 84; La Scuola 2021a, p. 157; Giunti 2020a, p. 3; Pearson 2020c, pp. 110-111; Lisciani 2021a, p. 35; Pearson 2020d, p. 98), migranti regolari vs irregolari (Pearson 2020a, p. 54), civiltà occidentale vs civiltà orientale (Giunti 2021n, p. 6), bambini vs adulti (Giunti 2021f, p. 20), Noi vs schiavi o donne o stranieri (È tempo di scoprire - Educazione civica 4-5, 2021, p. 10; Pearson 2020b, p. 35), area disciplinare X vs area disciplinare Y (Raffaello 2021c, p. 28 e 73; Raffaelo 2021g, p. 8; Raffaello 2021d, p. 104; La Spiga 2021a, p. 175; Giunti 2021k, p. 19), fonti ufficiali di informazione o esperti vs fake news (Lisciani 2021a, p. 56).

Vale la pena notare, in conclusione, che tra i paradossi pedagogicamente e eticamente più pericolosi di cui è prigioniera un’azione educativa fondata sulla retorica delle regole, sul manicheismo morale e sull’inconsapevole trasmissione di identità esclusive tramite semplificazioni binarie – tanto più di fronte ai gravi problemi collettivi che ci troviamo come esseri umani ad affrontare e che caratterizzano il contesto storico in cui si sviluppano le nuove generazioni attuali – vi è proprio il fatto di nutrire una visione del mondo e un messaggio formativo implicito radicalmente opposti a quello che il sistema scolastico si dice convinto di dare: è un invito all’accettazione piuttosto che alla trasformazione sociale, al conformismo intellettuale invece che al pensiero critico, all’assoggettamento piuttosto che all’emancipazione soggettiva, alla polarizzazione invece che alla comprensione reciproca, alla diffidenza invece che alla collaborazione, alla staticità identitaria invece che alla comprensione e risoluzione di problemi comuni, all’individualismo tinto di comunitarismo invece che alla scoperta e sviluppo di sé in quanto crocevia di relazioni e partecipazioni multiple e dinamiche. D’altronde, sono numerosissime le testimonianze e le esperienze dirette tra 2021 e 2022 che ci inducono a vedere un doloroso emblema contemporaneo di tale paradosso nel modo in cui la scuola ha vissuto la gestione della crisi pandemica; come non riconoscere forme di “bullismo”, da parte di quello stesso sistema scolastico che è impregnato di retorica inclusiva e di anti-bullismo ben pensante, nel soffocamento per il tramite dell’indifferenza diffusa, spesso dell’inibizione e in alcuni casi del ricatto o dell’aperta denigrazione di qualunque forma di dubbio, di discussione, di problematizzazione o di scelta personale alternativa rispetto all’unico comportamento riconosciuto come civico: fidarsi (delle istituzioni, dei media, degli “esperti”) e ubbidire?

Volumi del corpus analizzato citati nell’articolo.

Giunti 2021a

Monica Puggioni, Daniela Branda (2021), È tempo di emozioni - Lingua e linguaggi 4, Giunti Scuola.

Giunti 2021b

Monica Puggioni, Daniela Branda (2021), È tempo di emozioni - Strumenti per iniziare, approfondire, riflettere 4-5, Giunti Scuola.

Giunti 2021c

Dir. Scientifica Cesare Cornoldi - Testi di Martina Benvenuto, Giovanni Volpi, Gabriella Gallo, Chiara Vocetti (2021), Che lettura! - Letture 4, Giunti Scuola.

Giunti 2021d

Dir. Scientifica Cesare Cornoldi - Testi di Martina Benvenuto, Giovanni Volpi, Gabriella Gallo, Chiara Vocetti (2021), Che lettura! - Letture 5, Giunti Scuola.

Giunti 2021e

Dir. Scientifica Cesare Cornoldi - testi a cura di Anna Buia (2021), Che lettura! - Il mio libro facile 5, Giunti Scuola.

Giunti 2021f

Dir. Scientifica Federico Batini. Testi Team Giunti Scuola con la collaborazione di Renata Balducci (2021), Leggimi ancora - Educazione Civica. Sussidiario dei linguaggi 4-5, Giunti Scuola.

Giunti 2021g

Dir. Scientifica Federico Batini. Christian Antonini (racconto iniziale L’abbraccio nella neve) e Anna Buia (2021), Leggimi ancora - Letture 4, Giunti Scuola.

Giunti 2021h

Dir. Scientifica Federico Batini. Christian Antonini (racconto iniziale Il dollaro della regina) e Anna Buia (2021), Leggimi ancora - Letture 5, Giunti Scuola.

Giunti 2021i

Testi Tiziana Caprini, Ilaria Giachi (Ortografia) (2021), Uno come noi - Letture 1, Giunti Scuola.

Giunti 2021j

Renata Balducci (2021), Uno come noi - Lessico 1-2-3, Giunti Scuola.

Giunti 2021k

Team Giunti Scuola con la collaborazione di Renata Balducci (2021), Educazione Civica 1-2-3, Giunti Scuola.

Giunti 2021l

Testi per Storia e geografia (da cui tratte le citazioni qui) Luciana Coltri e Daniela Dalola (2021), Uno come noi - Matematica e altre discipline 2, Giunti Scuola.

Giunti 2021m

Testi Tiziana Caprini, Carla Marenzi (2021), Uno come noi - Letture 3, Giunti Scuola.

Giunti 2021n

Testi Maria Teresa Rabitti e Germana Brioni (2021), Uno come noi - Storia 3, Giunti Scuola.

Giunti 2021p

Testi Luciana Coltri e Daniela Dalola (Geografia), Beatrice Cini, Sonia Tommasi, Carola Marino (Scienze e tecnologia) (2021), Uno come noi - Geografia, scienze e tecnologia 3, Giunti Scuola.

Giunti 2021q

Testi e consulenza scientifica Team didattico Giunti Scuola. Il percorso Strategie di studio e strategie per star bene è a cura di Cesare Cornoldi e Luisa Lauretta con la collaborazione di Paola Anna Sacchetti (2021), Libro + - Sussidiario di Storia e geografia 4, Giunti Scuola.

Giunti 2021r

Daniela Panero, Sergio Bocchini e Team Giunti Scuola con la collaborazione di Renata Balducci (2021), Libro+/Terramare - Educazione Civica. Sussidiario delle discipline 4-5, Giunti Scuola.

Giunti 2020a

Aa.Vv. (2020), Terramare - Geografia 5, Giunti Scuola.

Giunti 2020b

Aa.Vv. (2020), Terramare - Storia 5, Giunti Scuola.

Giunti 2020c

Maria Franciosi per la sezione Tecnologia (2020), Terramare - Scienza e tecnologia 4, Giunti Scuola.

Giunti 2020d

Laura Valdiserra (2020), È tempo di scoprire - Educazione Civica 4-5, Giunti Scuola.

Il Capitello 2020a

Cristina Berti (2020), Educazione Civica - Linguaggi 4-5, Il Capitello.

Il Capitello 2021a

Aa.Vv. (2021), Cittadini del mondo - Educazione civica 1-2-3, Il Capitello.

Il Capitello 2021b

Virginia Grandinetti, Loredana Pepe (2021), Che bello è! IMPARARE - Il libro della lettura e della grammatica 1, Il Capitello.

La Scuola 2021a

Cosetta Zanotti (2021), GiraFavole - Letture 3, La Scuola- primaria.

La Scuola 2021b

Monica Floreale (2021), Esplora Mondo Plus - Geografia 4, La Scuola- primaria.

La Scuola 2021c

Monica Floreale (2021), Esplora Mondo Plus - Storia 4, La Scuola- primaria.

La Scuola 2021d

AAVV (2021), Esplora Mondo Plus – Atlante Storico Geografico 4-5, La Scuola- primaria.

La Scuola 2021e

Maria Teresa Fappani (2021), Esplora Mondo Plus - Il mio libro della cittadinanza attiva 4-5, La Scuola- primaria.

La Spiga 2021a

E. Cosia L. Doniselli A. Taino (2021), Luna Blu - Matematica Storia Geografia Scienze 1, La Spiga.

La Spiga 2021b

E. Cosia L. Doniselli A.Taino (2021), Luna Blu - Lettura 1, La Spiga.

Lisciani 2021a

Dir. Scientifica di Carlo Petracca. Testi L. Cavarocchi, C.M. D’Argenio, G. Di Mattia, S. Restauri, E. Sansonetti, S. Santilli (2021), Aperta… mente. Sussidiario delle discipline - Noi cittadini 4-5, Lisciani.

Lisciani 2021b

Dir. Scientifica di Carlo Petracca. Testi L. Cavarocchi, C.M. D’Argenio, G. Di Mattia, S. Restauri, E. Sansonetti, S. Santilli (2021), Parola di Pepito - Noi cittadini 1-2-3, Lisciani.

Pearson 2019

Cecilia Barletta (2019), ATLANTE - Storia, geografia, scienze, tecnologia, Pearson I PINGUINI.

Pearson 2020a

Laura fattori (2020), MISSIONE futuro - Storia con quaderno di esercizi 4, Pearson I PINGUINI.

Pearson 2020b

Laura fattori (2020), MISSIONE futuro - Geografia con quaderno di esercizi 4, Pearson I PINGUINI.

Pearson 2020c

Laura fattori (2020), MISSIONE futuro - Storia con quaderno di esercizi 5, Pearson I PINGUINI.

Pearson 2020d

Laura fattori (2020), MISSIONE futuro - Geografia con quaderno di esercizi 5, Pearson I PINGUINI.

Pearson 2020e

Paola Gherardi (2020), MISSIONE futuro - Scienze e tecnologia con quaderno di esercizi 5, Pearson I PINGUINI.

Pearson 2020f

Paola Gherardi (2020), MISSIONE futuro - Matematica con quaderno di esercizi 5, Pearson I PINGUINI.

Pearson 2021

Stefano Rossi (2021), La rotta della cittadinanza – 1-2-3, Pearson I PINGUINI.

Raffaello 2021a

R. Morgese - N. Secchi (2021), Lo spazio delle idee - Discipline 1, Raffaello.

Raffaello 2021b

Danila Rotta (2021), Lo spazio delle idee - Educazione Civica 1-2-3, Raffaello.

Raffaello 2021c

Carolina Cabrini (2021), Nuova Officina delle discipline - Geografia 4, Raffaello.

Raffaello 2021d

Gabriella Fontana (2021), Nuova Officina delle discipline - Storia 4, Raffaello.

Raffaello 2021e

T. Bertolucci - M.L Gagliardini - P. Papalini (2021), Nuova Officina dei linguaggi - letture 5, Raffaello.

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T. Bertolucci - M.L Gagliardini - P. Papalini C. Cariachi O. Marasca (2021), Nuova Officina dei linguaggi - Grammatica 5, Raffaello.

Raffaello 2021g

S. Bussini E. Zilioli (2021), Nuova Officina delle discipline - Matematica 5, Raffaello.

Raffaello 2021h

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Bibliografia

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Weninger C., Textbook analysis, in Chapelle, C.A. (Ed.), The Encyclopedia of Applied Linguistics, Wiley & Sons, Hoboken 2018.

Note

[1]  Formulazione che abbiamo utilizzato nel Curricolo verticale di Educazione Civica da noi elaborato e approvato come tale o utilizzato come stimolo di elaborazione autonoma da parte di alcuni Istituti scolastici di differenti regioni italiane. Il Curricolo resta allo stato attuale inedito, non è perciò possibile fornire qui un riferimento bibliografico diretto – una versione digitale è disponibile nella piattaforma gratuita: https://vleu.awareu.eu.

Francesco Pigozzo è professore associato di Letteratura francese. Coordina i corsi di laurea in lingue presso l’Università eCampus. Dirige la collana Alma Translatio (Studium Editore) e il Centro di Ricerca CITOYEN.NE.S, pubblica e lavora su teoria letteraria, scritture memorialistiche, epistemologia delle scienze umane e educazione civica. Dal 2009 regolarmente impegnato nel coordinamento scientifico-didattico di numerosi progetti e iniziative di cittadinanza europea.
francesco.pigozzo@uniecampus.it

Daniela Martinelli è ricercatrice indipendente nel campo della pedagogia della cittadinanza, coordina il Virtual Learning Environment on the EU. È autrice e regista delle iniziative artistiche de Gli Spaesati, ha co-ideato e realizzato numerosi progetti Jean Monnet/Erasmus+ di ricerca e azione in campo educativo, tra cui lo “Jean Monnet Teacher Training “Multiscale EU” (2022-2024).
spaesati@awareu.eu