Volontari a scuola: riflessioni a partire da un’esperienza nella zona autonoma di minoranza Yi nel Sichuan | Volunteers at school: reflections from an experience in the Yi minority autonomous area in Sichuan 

Rappresentanti della minoranza Yi. Fonte: Wikipedia. Pubblico dominio.

PDF: DOI 10.5281/zenodo.7573870

This paper analyses the socio-educational aspects in the education of a group of liushou ertong, left-behind-children, in a rural ethnic minority village in Sichuan Province, People's Republic of China. After economic reforms began, many peasants migrated to the cities, but their children, finding many obstacles in attending urban schools, were forced to remain in the countryside, under the care of their grandparents or other relatives/friends.

This research highlights issues that are still relevant today, such as the diversification in the Chinese educational system, the rural/urban relationship, the mobilization of private initiative in education, and gender education. The conclusions highlight some positive points and problematic issues of a volunteer experience, and the different educational approaches that come into play in the traditional rural environment and the one implemented by young volunteers.

Keywords:  liushou ertong, left-behind-children, Chinese education system, volunteers.

Questo contributo analizza gli aspetti socio-educativi che interessano l’educazione di un gruppo di liushou ertong, bambini lasciati indietro, in un villaggio rurale di minoranza etnica nella provincia del Sichuan, nella Repubblica Popolare Cinese. Dopo l’avvio delle riforme economiche, molti contadini sono stati costretti a emigrare nelle città, ma i loro figli, trovando molti ostacoli nella frequenza delle scuole urbane, hanno dovuto rimanere in campagna, accuditi da nonni o altri parenti/amici.

Questa ricerca mette in luce questioni ancora attuali, come la diversificazione del sistema di istruzione cinese, il rapporto campagna/città, la mobilitazione dell’iniziativa privata nell’ambito educativo, l’educazione di genere. Nelle conclusioni vengono evidenziati alcuni punti positivi e nodi problematici dell’esperienza di volontariato analizzata, e i differenti approcci pedagogici che entrano in gioco nell’ambiente didattico tradizionale rurale e quello messo in atto da giovani volontari.

Parole chiave:  liushou ertong, bambini lasciati indietro, sistema educativo cinese, volontariato.


Questo contributo descrive un’esperienza didattica in Cina in una comunità rurale della minoranza etnica Yi[1] che si è tenuta nella Provincia del Sichuan nel 2013.

Chi scrive ha raccolto la testimonianza di una volontaria cinese, Wu Xingxing, che ha preso personalmente parte al progetto. Oltre alla testimonianza della volontaria, sono stati presi in visione i post pubblicati da volontari, aspiranti volontari e responsabili del reclutamento per conto di organizzazioni di volontariato nei blog specifici.

I punti salienti dell’esperienza sono stati resi in modo da delineare una contestualizzazione  in termini di:

 

  • sistema di istruzione cinese
  • bambini-lasciati-indietro (liushou ertong)
  • registrazione anagrafica di residenza (hukou), tra città e campagna
  • volontariato in Cina
  • differenti approcci pedagogici

Il sistema di istruzione cinese

A partire dagli anni ottanta del ventesimo secolo, la Cina ha ripreso in esame diversi approcci pedagogici, e ha rivalutato sia pedagogisti occidentali, come Dewey, Montessori, Vigotski, Piaget, sia cinesi, come Chen Heqin (1892-1982), Cai Yuanpei (1868-1940), Tao Xingzhi (1891-1946), Liang Shuming (1893-1988) e altri.[2] Inoltre, diverse sperimentazioni sono state avviate su base locale.[3] Durante gli anni del governo di Mao Zedong (1893-1976), ossia dal 1949 fino alla morte del presidente, in cui l’istruzione scolastica era subordinata all’educazione politica, hanno avuto luogo, soprattutto nelle campagne, numerose esperienze di educazione primaria per l’infanzia e per coloro che fino a quel momento erano stati esclusi dall’istruzione, ossia adulti di classi sociali basse, donne e soprattutto contadini.[4]

Mao, insegnante lui stesso, aveva sempre attribuito grande importanza all’istruzione per tutti, e negli anni sessanta auspicava una scuola senza voti, che preparasse gli studenti all’analisi e alla risoluzione dei problemi. Per lui era cruciale che l’obiettivo degli insegnanti non fosse quello di infondere nozioni, ma di insegnare agli studenti a studiare attraverso la pratica. Nel 1965 denunciò il sistema di istruzione come troppo nozionistico, rigido, e auspicò una riforma che andasse nella direzione di ripensare il sistema tradizionale per reinventare una scuola più moderna e efficace.[5]

In quel periodo, l’istruzione era a carico dello Stato, che forniva gratuitamente i materiali didattici, nominava gli insegnanti e decideva le materie di insegnamento e l’organizzazione scolastica.

Dopo un lungo periodo in cui la preponderanza dell’educazione politica ha minato alla base il sistema di istruzione, alla morte di Mao Zedong, il suo successore, Deng Xiaoping (1904-1997), ha avviato una serie di riforme, chiudendo così il capitolo della Rivoluzione Culturale e gettando le basi per un cambiamento strutturale del sistema scolastico. Per circa quindici anni, il sistema scolastico è stato nuovamente improntato sulla acquisizione mnemonica di nozioni e su una didattica molto competitiva basata sulle premiazioni-punizioni. Nel 1993 è stato emanato un Programma delle riforme e dello sviluppo dell’educazione in Cina, proclamato dal Consiglio di Stato, in cui si spostava l’accento dalla valutazione quantitativa delle conoscenze acquisite allo sviluppo integrale del soggetto. Un’inversione di rotta che fa fatica a radicarsi, soprattutto nelle campagne, tanto che si parla di una significativa differenza tra il sistema ideale e quello reale.

In quegli anni, le scuole sono diventate a pagamento, come i libri di testo, e si sono create delle forti disparità sul piano socio-economico all’interno delle popolazioni scolastiche. [6]

Il sistema prevede l’obbligo scolastico di nove anni (sei anni di scuola primaria, tre di scuola secondaria di primo grado).[7]  Al termine della scuola dell’obbligo, gli studenti accedono alle scuole superiori (tre anni), divise in ordinarie, tecniche e professionali. Le scuole superiori ordinarie consentono di sostenere l’esame nazionale di accesso all’università (gaokao).[8]  In base al punteggio ottenuto, gli studenti potranno accedere a diverse università, posizionate in un ordine di ranking stabilito centralmente dal Ministero dell’Istruzione. La laurea in una università con ranking alto incide molto sul futuro professionale degli studenti, pertanto, la corsa alle scuole migliori è agguerrita, e le famiglie, soprattutto le classi urbane con buona disponibilità di denaro, investono molto nell’istruzione dei figli, a partire già dalla scuola dell’infanzia, per permettere loro di superare il gaokao con un punteggio elevato ed entrare così nelle università più prestigiose.

Data l’impostazione nozionistica e mnemonica del sistema, che le direttive dall’alto fanno fatica a eradicare, il tempo-scuola non esaurisce le esigenze formative dei bambini e delle bambine. Per poter garantire il successo scolastico, molta parte del tempo extra-scolastico viene dedicato all’approfondimento degli argomenti disciplinari. Le famiglie stesse, spesso le mamme, forniscono aiuto nello svolgimento dei compiti, oppure ci si rivolge a insegnanti privati, o a numerosi centri di attività extra-scolastiche, dove i bambini seguono lezioni integrative.[9] I bambini delle famiglie rurali, sia che si trovino al seguito dei genitori che lavorano in città, o che vivano in campagna, partono con un forte svantaggio, e la loro performance viene sempre valutata come molto arretrata rispetto a quella dei bambini del ceto medio urbano.

Il modello educativo, che negli anni della rivoluzione (1949-1976 metteva al centro i  contadini e i lavoratori inseriti in un progetto politico collettivo, in grado di affrontare le esigenze pratiche, negli anni della Riforma (1979-) diventa quello urbano, nozionistico, competitivo, globale.

I  bambini-lasciati-indietro (liushou ertong)

I dati rilasciati dal governo cinese nel 2013 parlavano di oltre 61 milioni di bambini-lasciati-indietro nelle zone rurali, pari al 21,88% dei minori a livello nazionale e al 37,7% dei minori residenti nelle zone rurali.[10] 

Quello dei bambini-lasciati-indietro è un fenomeno iniziato negli anni ottanta, durante i primi anni dell’applicazione delle riforme economiche volute da Deng Xiaoping nel 1979, e ancora oggi caratterizza l’assetto demografico delle popolazioni rurali. Si tratta di bambini e bambine i cui genitori, un tempo contadini, si sono trasferiti nelle città per partecipare a quel processo di sviluppo urbano che ha caratterizzato gli anni delle riforme, fino ai nostri giorni. Impegnati nei lavori più umili, spesso con contratti temporanei, con alloggi non sempre regolari, i contadini migranti nelle città andavano a costituire la cosiddetta diceng renkou, “popolazione degli strati bassi”, in una gerarchia sociale che a cavallo del millennio si è dimostrata una sfida per gli amministratori delle città in sviluppo ipertrofico e anche per le scuole (Ardizzoni, 2009). Questi lavoratori, denominati con l’etichetta di mingong, una crasi che deriva dai termini nongmin (contadino) e gongren (operaio), a causa di condizioni di vita oggettive e non sempre aiutati dalle politiche apertamente restrittive delle città in cui offrono la loro manodopera, sono costretti a lasciare al villaggio i figli e le figlie, a volte infanti, alla custodia di nonni spesso analfabeti, di zii e zie dedicati alla custodia di giovani parenti, o di strutture private spesso improvvisate e non sempre adeguate alla formazioni di nuovi cittadini. In generale, il fenomeno dei liushou ertong e lo svantaggio educativo vanno di pari passi con la condizione di povertà di un dato territorio.

La questione sociale dei mingong e dei loro bambini e bambine ha incontrato l’interesse di numerosi studiosi cinesi che negli ultimi venti anni hanno effettuato delle ricerche sul campo, mettendo in evidenza problemi ricorrenti nell’istruzione di questi bambini, e i risvolti psicologici negli adulti che hanno vissuto queste esperienze. Se la questione dei lavoratori rurali migranti e dell’istruzione dei loro figli inizialmente veniva considerata di interesse socio-economico, studi specifici hanno contribuito ad accendere la problematica su un piano psico-pedagogico. Ad esempio, viene indicata la mancanza di guida, aiuto e attenzione da parte dei genitori durante i primi anni della crescita come causa di deviazioni cognitive e valoriali che incidono sullo sviluppo psicologico e della personalità nell’adulto (Yao 2005, 41); Guo (2005, 86) e Tan (2011, 142), tra gli altri, parlano del rapporto tra il tempo di separazione genitori-figli e la salute psicologica dei bambini. Molti denunciano il  livello basso di autostima e alcuni tratti caratteriali di chiusura spesso problematici: sono ritirati, pessimisti, spesso indifferenti ai loro stessi sentimenti, e dotati di scarse capacità di relazione interpersonali. Tra i comportamenti ricorrenti si segnalano impulsività, basso autocontrollo ed egocentrismo, oltre a una certa tendenza a sviluppare ansia, tensione e solitudine e a dimostrare minore fiducia nei genitori, negli insegnanti e nel mondo degli adulti in generale (Guo, 2005, 87). In assenza di riferimenti adulti significativi, identificati nei genitori, possono sviluppare un senso di solitudine e mancanza di intimità (Yao, 2005, 41). Queste considerazioni hanno contribuito a spostare l’attenzione, anche del legislatore, dalla ricerca sociale alla ricerca pedagogica. Da allora, lo Stato ha inserito in agenda alcune iniziative di riparazione.

Dal 2012, Xi Jinping, preso il potere a capo del Partito Comunista, e poi, nel 2013, al vertice dello Stato, ha avviato un progetto di ricostruzione delle zone rurali su larga scala; un progetto che è andato di pari passo con il programma che ha portato la Cina a sconfiggere la povertà assoluta.[11] Nel 2015, in un seminario tenuto dal Ministero dell’Istruzione, si identificavano le Province dello Henan, Hunan, Sichuan, Anhui, Jiangxi ed altre aree interne come le più colpite dal fenomeno dei liushou ertong, e si indicava la necessità di intervenire sull’istruzione per favorire l’uscita di quelle popolazioni dalla povertà.[12]

Da quell’anno, alcune azioni sono state messe in campo con relativa facilità, come la costruzione di nuovi edifici scolastici. A livello di distretto (xian) e di città rurali (zhen) sono state costruite delle scuole-collegio con capacità di accoglienza di bambine e bambini lasciati alle cure di adulti nei villaggi, dove le scuole “vecchio stampo” e fatiscenti sono state perlopiù chiuse. Questo ha tolto molti bambini e bambine dalle cure dei parenti anziani e li ha inseriti in residenze studentesche collegate a scuole dove l’insegnamento viene organizzato a livello di distretto o di città rurale. L’allontanamento dal contesto famigliare e culturale, soprattutto in zone di minoranza etnica, spezza la trasmissione culturale e linguistica intra-famigliare, e in molti casi può causare attriti di tipo etnico tra la minoranza locale e la maggioranza Han. In alcune aree, le donne locali sono state istruite per la cura dei più piccoli in scuole domestiche istituite nelle case dei villaggi per bambini fino ai 7 anni di età. Si tratta di iniziative che non hanno coinvolto l’intero territorio, ma hanno avuto un’attuazione a macchia di leopardo, e nelle zone interne permangono situazioni di forte svantaggio.[13]

Se l’azione di costruzione di nuovi modelli di scuole-collegio e scuole domestiche ha avuto una veloce realizzazione, a causa di motivi legati alle condizioni materiali della vita nelle zone svantaggiate, l’arruolamento dei docenti da inviare nelle scuole di villaggio ha proceduto a rilento: pochi sono i giovani che accettano incarichi di insegnamento in contesti di evidente arretratezza. E anche gli insegnanti di origine locale cercano di lasciare i loro villaggi per trasferirsi nelle aree più sviluppate.

Il riflettore puntato sugli aspetti socio-educativi dei bambini-lasciati-indietro ha portato il computo a 9,02 milioni nel 2016 e a 6,97 milioni in un nuovo censimento a metà del 2018.[14] 

Questa forte riduzione non è solo data dalla efficacia delle politiche statali, ma anche da una modifica nei dati analitici inseriti nelle tabelle numeriche. Se prima del 2016, infatti, venivano inseriti tutti i minori, ossia inferiori ai 18 anni (la maggiore età), a partire da quell’anno, nel computo sono stati considerati liushou ertong solo coloro di età inferiore a 16 anni. Due anni di età che su una popolazione di quasi un miliardo e mezzo di persone diventano particolarmente significativi.

I dati delle agenzie di osservazione internazionale mostrano una situazione diversa. Nel 2015, l’UNICEF definiva “bambini-lasciati-indietro”, i “minori di 18 anni con almeno un genitore che lavorava fuori dalla abitazione famigliare” (UNICEF, 2017).

La tabella seguente riporta i dati dell’analisi UNICEF nello stesso anno:[15]

 

 

0-5 anni

6-11 anni

12-17 anni

Totale

Numero complessivo di bambini e bambine nella RPC

95,31

90,12

85,42

270,84

Numero di bambini e bambine-lasciati-indietro liushou ertong

 

 

 

68,77

 Liushou ertong rurali

15,76

14,11

10,63

40.51

Liushou ertong urbani

12,99

7,57

7,69

28,26

Tabella 1. Dati UNICEF sulla popolazione infantile in Cina nel 2015. Fonte, UNICEF (2017).

Secondo questo rapporto, quindi, nel 2015 circa un bambino su cinque era non accompagnato, e il numero dei bambini oggetto della ricerca riportato da UNICEF ammonterebbe a 68,77 milioni.

Come emerge dalla tabella, un punto di discriminazione nell’analisi del fenomeno è dato dall’assenza di solo uno o entrambi genitori nell’accudimento del minore.

Interessante è notare che nell’analisi demografica UNICEF sono inseriti anche bambini delle aree urbane, dimostrando come il fenomeno dello liushou ertong non sia più solo legato alle zone rurali, ma anche alle nuove stratificazioni sociali delle città.[16]

Prima di affrontare la questione specifica del volontariato nelle scuole rurali e di presentare l’esperienza oggetto di questo contributo, è necessario fornire alcune informazioni relative a elementi fondamentali per la comprensione del discorso: 1. il rapporto campagna/città e lo status dei contadini nella Cina contemporanea; 2. le politiche di inclusione/esclusione dei bambini di campagna nelle scuole urbane.

Un muro invisibile tra città e campagna

Per capire la portata del discorso dei liushou ertong, è necessario tenere in giusta considerazione la distinzione città/campagna nel contesto cinese. Qui, la categorizzazione di un cittadino come rurale/urbano non si riferisce solo alla collocazione geografica, ma a uno status giuridico. Nel sistema di registrazione anagrafica cinese implementato nel periodo socialista, infatti, l’assegnazione della hukou ha contribuito a creare una forte separazione tra città e campagna, a ridurre la mobilità tra le due aree, a discriminare l’accesso alle risorse e a fossilizzare le differenze culturali.[17] Quella della registrazione anagrafica non è un’invenzione dell’età moderna, ma è una istituzione che risale ai tempi della dinastia Han (206 a.C.-220 d.C). La prima codificazione formale in epoca moderna di questo sistema si ebbe però alla fine della dinastia Qing (1644-1911). Quello che è importante, oggi, è che non si tratta di una mera classificazione temporanea, bensì di uno status identitario sul quale il soggetto interessato non ha pieno controllo. Lo hukou non può essere modificato se non in pochissimi casi e con procedure burocratiche complesse. Dal 2015, il sistema dello hukou è stato reso meno rigido, proprio per consentire l’inclusione dei lavoratori rurali in alcune città, ma permane un forte valore discriminatorio: la ruralità è diventata una condizione di svantaggio difficilmente colmabile. E l’ambito dell’istruzione è uno di quelli in cui la campagna presentava maggiore arretratezza.

Prima del 1985, lo Stato allocava delle risorse statali sia alle scuole di città che a quelle delle campagne, anche se in misura inferiore. Nel 1985, lo Stato ha abolito i fondi destinati alle scuole rurali, e da qual momento i contadini hanno dovuto sostenere per intero le spese dell’istruzione dei figli. La forbice di disuguaglianza tra i contadini – o ex contadini, in quanto molti avevano già abbandonato l’agricoltura – e gli abitanti delle aree urbane si è fatta sempre più ampia, e molti (ex) contadini hanno lasciato i villaggi per trovare impiego e fortuna nelle zone di grande sviluppo urbano. Molti cercavano di portare con se i figli e le figlie, ma il loro hukou rurale non permetteva di accedere a tutti i servizi al pari dei residenti in città, creando non poche difficoltà, come vedremo nel prossimo paragrafo, anche nella scolarizzazione dei piccoli. E nel frattempo le scuole in campagna venivano chiuse per mancanza di insegnanti.

La classificazione anagrafica inscritta nello hukou, a cui si aggiunge la differenziazione dello status sociale, oltre che di condizione economica, innalza un muro tra la città e la campagna, e rende la distinzione rurale/urbano non solo una differenziazione geografica, ma una categoria sostanziale, che agisce anche nella costruzione dell’identità dell’individuo e della famiglia, e funge da presupposto importante per la determinazione del futuro degli individui.

La risposta delle scuole di città all’immigrazione dalle campagne

L’ammissione alla scuola pubblica di figli di famiglie migranti al di fuori del loro luogo di residenza non era ammessa in Cina prima del 1996. Solo nel 1998 il Ministero dell’Educazione ha emanato un “Regolamento provvisorio sulla scolarizzazione dei bambini migranti” permettendo la frequenza scolastica dei figli dei mingong alla scuola dell’obbligo nel loro luogo di ingresso; altri provvedimenti legislativi sono stati emanati dal governo centrale e dalle autorità locali per favorire il diritto all’istruzione di questa fascia della popolazione.[18]

Il movimento migratorio dalle campagne alle città ha portato le scuole delle aree urbane a grande flusso migratorio, come Shenzhen, Pechino, Shanghai, Ningbo e altre, a introdurre delle graduatorie per l’ammissione dei bambini secondo un sistema “a punti”: i bambini e le bambine vengono ammessi nelle scuole sulla base di un punteggio che favorisce coloro che detengono lo hukou locale, poi urbano, poi coloro che vivono in una casa di proprietà nei pressi della scuola.

In qualità di esempio, di seguito si riporta la tabella applicata nel 2009 nelle scuole di un  distretto di Shenzhen: Luohu.

 

Categoria

Status del richiedente

Punti

Condizioni per i punti

 

Categoria A

1. I genitori sono in possesso di hukou a Shenzhen e sono proprietari di una abitazione all’interno del distretto scolastico.

2. I genitori sono personale altamente qualificato a livello nazionale, talenti di alto livello all’estero o personale militare in servizio.

 

 

100

Registrazione famigliare a Shenzhen:

 

1. Chi risiede in casa di proprietà guadagna 0,3 punti al mese.

 

2. Chi è in affitto accumula 0,2 punti al mese.

 

Registrazione della famiglia esterna al territorio di Shenzhen:

 

I genitori accumuleranno 0,1 punti per ogni mese intero in base al pagamento cumu-lativo della previdenza so-ciale per un anno.

Categoria B

I genitori sono in possesso di hukou a Shenzhen e sono proprietari di un appartamento di abitazione non vicino alla scuola.

 

90

 

Categoria C

I genitori sono in possesso di hukou locale e sono proprietari di un appartamento di tipo non di abitazione all’interno del distretto scolastico.

 

80

Categoria D

1. Bambini con genitori in possesso di hukou a Luohu, che vivono in una casa in affitto vicino alla scuola.

2. Bambini i cui genitori non sono in possesso di hukou a Shenzhen, e hanno acquistato una casa vicino alla scuola.

 

70

Categoria E

1. Bambini con hukou a Shenzhen, ma non a Luohu, i cui genitori affittano una casa vicino alla scuola.

2. Bambini la cui residenza permanente non è registrata a Shenzhen, i cui genitori sono in possesso di una casa non di abitazione vicino alla scuola.

 

 

65

Categoria F

Per i bambini con residenza fuori da Shenzhen, i cui genitori affittano una casa vicino alla scuola.

 

60

Tabella 2. I criteri della graduatoria per l’ammissione alla scuola elementare di Luohu, Shenzhen. Fonte personale, 2019.

La città di Shenzhen è una zona a statuto speciale fondata da Deng Xiaoping nel 1980 e sorta sulla sede di un villaggio di pescatori di trentamila abitanti. In 40 anni è diventata una metropoli di quasi 13 milioni di persone, un punto focale per lo sviluppo della Cina contemporanea, pertanto la politica cittadina, da sempre, rivela una discreta disponibilità all’accoglienza di bambini provenienti da altre aree del paese. Tuttavia, il requisito del possesso di una casa, o l’affitto regolare nei dintorni della scuola sono condizioni fortemente limitanti, se non penalizzanti, per famiglie che spesso si districano in condizioni economiche poco al di sopra della sopravvivenza. Questi requisiti penalizzano, escludendo dall’ammissione, i figli dei contadini migranti.

Altre città presentano maggiori rigidità: tra queste figura anche Pechino, dove i bambini migranti non possono accedere alle scuole superiori ordinarie, ma solo alle scuole superiori professionali, anche se hanno frequentato la scuola media nella stessa città di Pechino (Xiong 2021, 31). Questo li esclude, di fatto, dalla frequenza all’università.

Per rispondere alle esigenze dei bambini al seguito delle famiglie mingong, negli anni ottanta c’è stata una fioritura di scuole private “popolari” (minban xuexiao), riconosciute dallo Stato solo negli anni novanta, pensate proprio per accogliere il flusso di bambini esclusi dalle scuole pubbliche.[19] 

A partire dal 2007/08, però, lo Stato e i governi locali hanno cominciato a stringere la morsa su queste scuole. A Shanghai, nel 2007 il governo ha iniziato a imporre delle regole rigide, con il risultato che un gran numero di bambini migranti che avevano completato la scuola primaria in città non hanno avuto la possibilità di iscriversi alla scuola media locale. Dall’anno 2008/09 si sono registrate forti difficoltà: in quell’anno 3.406 studenti hanno perso il posto nel passaggio dalla classe quinta alla sesta. Nell’anno successivo, il numero è aumentato a 12.949, e nel 2014/15 gli studenti che non hanno più avuto accesso alle scuole sono stati più di 20.000.[20] Nel 2011, ben 24 scuole di migranti a Pechino sono state chiuse, coinvolgendo 14.000 bambine e bambini.[21] Tutti questi ostacoli hanno indotto molti genitori a riportare i figli nelle loro province d’origine, accuditi da genitori o altri parenti.

Incrociando il dato storico con dati statistici, per esempio quelli forniti da Xiong (2021, 31), si rileva che a partire dal 2010 la popolazione di bambini migranti in città ha evidenziato un trend negativo, e questo ha spostato l’attenzione verso le condizioni dell’istruzione nelle zone rurali.

Il volontariato

Il termine per “insegnante volontario”, in cinese zhijiao, significa alla lettera “sostenere l’istruzione”, dove per “istruzione” si intende quella nelle scuole primarie o secondarie. L’intervento dei volontari si inserisce in un sistema di istruzione preesistente al volontariato stesso. Si tratta di una mobilitazione della società civile che interviene ad integrare attività che sono presiedute principalmente dal governo, rispondendo a un programma politico definito. L’intreccio tra lo Stato e il privato non-profit è quindi indissolubile. Se le prime attività di sostegno all’istruzione sono apparse negli anni ottanta, nel periodo dal 1985 al 1988, il governo si è fatto avanti nella selezione del personale delle agenzie e delle unità governative per sostenere lo sviluppo dell’istruzione nelle aree in condizioni di povertà (Liu 2013, 6).

Non è la prima volta che il governo si rivolge agli studenti superiori per risolvere il nodo dell’istruzione delle zone rurali. Le prime “chiamate alle armi” della società civile che vengono in mente nell’età moderna ebbero luogo durante il periodo a cavallo dell’inizio del ventesimo secolo, quando, dopo l’abolizione degli esami imperiali nel 1905, nel 1907 l’Imperatore Qing promulgò una riforma del sistema di istruzione che riconosceva la fondazione di scuole private e nelle campagne sorsero scuole di alfabetizzazione per i contadini e le donne; negli anni quaranta, poi, nella base comunista di Yan’an (1935-1949) venne attuata una profonda riflessione sul concetto stesso di cultura e sulle sue modalità di trasmissione, e vennero messe in atto nuove forme e di organizzazione scolastica per la lotta all’alfabetizzazione nei villaggi; un altro momento importante si verificò negli anni cinquanta, dopo la fondazione della Repubblica Popolare Cinese (1949), quando vennero istituite scuole rurali per i lavoratori delle campagne, con l’obiettivo della lotta all’analfabetismo e il coinvolgimento dei contadini nella costruzione della nuova Cina; da ultimo, durante la rivoluzione culturale, nel 1968, gli studenti superiori vennero inviati ad apprendere le competenze della vita pratica dai contadini e a insegnare a leggere e a scrivere. In tutti questi momenti storici si è assistito a vivaci sperimentazioni didattiche per la lotta all’analfabetismo e l’istruzione degli adulti.

Negli ultimi anni, nei tempi a noi vicini, l’iniziativa privata si colloca in spazi che si aprono e si chiudono a periodi alterni.

Come accennato in precedenza, dal 2008 al 2010, per rispondere al problema dell’istruzione rurale, il governo ha risposto in diversi modi, riallocando risorse governative e locali nell’ottica di riconfigurare il modello di scuola. In generale, possiamo individuare due linee di intervento che hanno modificato l’assetto precedente:

  • Interventi di edilizia scolastica corrispondenti a una riconfigurazione del modello di scuola (college residenziale per i bambini e le bambine dei villaggi rurali);
  • campagna di mobilitazione della popolazione a contribuire attivamente all’istruzione rurale: da una parte tramite donazioni (la filantropia come valore sociale), dall’altra tramite l’attivazione di insegnanti volontari.

Si attua quindi una distinzione tra le organizzazioni regolate dall’alto e quelle che nascono spontaneamente tra la popolazione.

Le organizzazioni governative

Per sintetizzare, si fa riferimento allo schema elaborato da Li (2010, 10-12) che ha suddiviso le azioni di volontariato governative in cinque modelli organizzativi:

Il primo è il modello derivato direttamente dal governo centrale. Prevede una mobilitazione dei lavoratori che vengono inviati a insegnare in aree difficili, ma anche di giovani neolaureati che possono partecipare a programmi statali, come quello di “tre supporti e un’assistenza” (sanzhi yifu),[22] all’interno del quale i volontari forniscono supporto all’agricoltura, all’istruzione, al sistema sanitario. La loro azione è direttamente mirata alla realizzazione del progetto di alleviamento della povertà. In questa categoria rientra il progetto “Staffetta dei giovani volontari cinesi per l’alleviamento della povertà,” in cui studenti universitari laureati o in corso di studio tra i 20 e i 45 anni sono stati invitati a partecipare in attività di volontariato per un periodo da sei mesi a due anni al fine di fornire istruzione di base e servizi medici e sanitari nelle aree colpite dalla povertà. Il programma è stato implementato a livello nazionale, e in dieci anni, tra il 1998 e il 2008, 18.395 volontari sono stati selezionati per svolgere servizi in più di 200 contee povere delle regioni centrali e occidentali.[23]

Il secondo modello prevede l’assegnazione diretta di risorse agli insegnanti da parte dello Stato. È il caso di un progetto avviato nel 2006 di distacco degli insegnanti delle scuole rurali; qui i neolaureati sono stati reclutati direttamente per insegnare nelle scuole rurali nella Cina occidentale.

Il terzo è il modello stagista-volontario, in cui gli studenti universitari vanno nelle scuole rurali per fare pratica di insegnamento prima della laurea, sostituendo gli insegnanti rurali che entrano a studiare nelle università.

Il quarto è il modello di sostegno interdistrettuale, che si riferisce ad attività di supporto all’insegnamento organizzate tra diversi distretti (xian), gestiti dai governi locali.

Il quinto è il modello di sostegno interprovinciale. Si riferisce principalmente al sostegno da parte delle province orientali, dotate di buona disponibilità economica, alle province occidentali perlopiù in condizioni di povertà, con risorse di vario tipo.

Tutti i progetti di volontariato organizzati dal governo, benché strutturati in maniera diversa, hanno in comune il fatto di incoraggiare le persone nelle aree sviluppate ad aiutare le persone nelle aree arretrate.

Organizzazioni non governative (attività minjian)

Le organizzazioni al di fuori dei circuiti governativi fanno parte di quello che in cinese si definisce “minjian” . Min significa “popolo” e jian indica lo spazio in cui agisce il referente min, quindi il significato letterale di queste due parole è “tra il popolo,” e si traduce anche come “popolare”. Nel contesto cinese è associato a tutto ciò che è “fuori dal sistema” (tizhi wai), cioè qualsiasi persona, gruppo o attività che non è collegata a un’unità di lavoro (danwei) nel sistema amministrativo urbano ufficiale (Veg 2019, 18). Lo stesso Veg afferma:

nel linguaggio di tutti i giorni, minjian si riferisce spesso a una combinazione, in gradi diversi, di tre caratteristiche di persone o istituzioni: indipendenza dal reddito statale (autofinanziato), mancanza di approvazione da parte del sistema statale (non ufficiale) e un basso indicatore sociale (non élite o di base) (Veg 2019, 18).

Pertanto, l’insegnamento del volontariato non governativo, popolare, si riferisce ad alcune organizzazioni di supporto educativo, senza legami con il governo o senza supporto economico e istituzionale, ma attuato su base individuale. In alcuni casi si parla di ONG, Organizzazioni Non Governative, che di solito si concentrano sugli effetti pratici dell’istruzione su base volontaria, e con il governo mantengono un legame non economico, ma “diplomatico.” È il caso del Progetto Ryefield,[24] o l’organizzazione Gesanghua Education’s Aid,[25] che sostengono direttamente gli insegnanti delle scuole più povere, o si occupano del reclutamento di volontari, oppure forniscono aiuto economico agli studenti bisognosi. Lo slogan dei volontari dell’organizzazione Gesanghua è: “Colmare il divario tra le risorse educative nella Cina occidentale e la Cina orientale”.[26]

Dopo un periodo di relativa fioritura delle ONG in Cina, nel 2016 il governo ha emanato una legge molto restrittiva sul riconoscimento di attori “fuori dal sistema”, che ha colpito non solo  le ONG cinesi, ma anche straniere.[27]

Accanto a queste realtà semistrutturate, esiste una rete di iniziative individuali basate sulle relazioni interpersonali, che trovano nella tecnologia uno strumento ad alto potenziale organizzativo. Individui, o gruppi molto ristretti, possono contattare direttamente persone interessate a svolgere esperienze di volontariato in canali specifici di Wechat o di Baidu, una piattaforma molto diffusa in Cina, a cui si accede da telefono o da computer. Il canale di Baidu “Insegnanti volontari” (zhijiao baidu tieba) offre proprio delle stanze di chat per mettere in contatto la domanda e l’offerta di volontari nell’ambito dell’insegnamento.

Rispetto alle azioni messe in atto dal governo, queste organizzazioni partono con un notevole svantaggio in termini di risorse e di numeri di persone coinvolte, tuttavia incontrano il favore della società civile in generale. Gesanghua, ad esempio, sebbene sia nata come un’associazione indipendente, al di fuori del sistema statale, ha avuto uno sviluppo molto interessante, e oggi gode del sostegno economico di imprese private ad alto potenziale filantropico, come Alibaba, Tencent e altri brand cinesi e internazionali. Poiché queste azioni sono azioni bottom-up e profondamente radicate nel territorio, non solo rendono i volontari più motivati, ma permettono anche alle persone nelle zone rurali di ricevere un aiuto più diretto.

Un’esperienza di volontariato nelle campagna della minoranza Yi

Il caso che qui ho preso in considerazione è l'esperienza svolta personalmente da Wu Xingxing, al termine dell’anno accademico 2011/12, quando, avendo terminato gli studi universitari, si è messa a disposizione della scuola elementare di Gumi, un villaggio di etnia Yi nella Provincia del Sichuan, al confine con la Provincia dello Yunnan, per un anno di insegnamento volontario. Il contatto tra la volontaria e la scuola è stato il signor Peng, un uomo con una lunga esperienza di volontariato alle spalle, sia per l’insegnamento, sia per altre attività di sostegno, anche durante il terremoto di Wenchuan del 2008, nel Sichuan. Il signor Peng, conoscendo personalmente il direttore della scuola del villaggio, ed essendo venuto a conoscenza della mancanza di personale, nel 2013 aveva aperto un thread su Baidu con un annuncio molto scarno: “Si cercano volontari per l’insegnamento maggiori di 18 anni in possesso di diploma di studi superiori”.

Wu Xingxing ricorda così la sua esperienza:

All’epoca avevo abbandonato l’università e il livello di istruzione rientrava nella categoria degli studi superiori, che soddisfaceva appena i requisiti, così contattai il signor Peng per telefono e lui mi fece alcune domande sulla mia età, sulle mie qualifiche e sulla mia attuale situazione; mi parlò anche delle condizioni della scuola elementare di Gumi, dicendomi che la scuola aveva bisogno di cinque o sei insegnanti volontari. Mi avvisò anche che le condizioni al villaggio erano molto difficili. Non c’era acqua corrente, i volontari dovevano andare a prenderla al fiume, alla scuola non c’era la mensa, e ci si doveva cucinare il cibo da soli, ecc. Quelle condizioni non mi spaventavano, volevo andare, e così il signor Peng accettò la mia domanda. Una settimana dopo partii come volontaria alla scuola elementare di Gumi. All’epoca mi trovavo a Kunming, nella provincia dello Yunnan, così presi un treno da lì a Emei, poi un autobus per Leshan, poi un autobus da Leshan a Leibo. A metà tragitto, l’autobus sarebbe passato ai piedi del monte di Gumishan, così, dopo 5 ore di autobus scesi nel luogo concordato, dove il signor Peng venne a prendermi e camminammo insieme per oltre un’ora fino alla scuola elementare in cima alla montagna.

Nella scuola gli insegnanti volontari erano sei, di età compresa tra i 22 e i 40 anni, tutti alla prima esperienza di insegnamento, a parte il signor Peng.

La partecipazione dei volontari non prevedeva alcuna forma di compenso, nemmeno a titolo di rimborso. Anche il vitto era a carico dei volontari, mentre la scuola, o il villaggio, forniva un alloggio comune per tutti i volontari.

La divisione delle materie di insegnamento venne decisa collegialmente: il signor Peng avrebbe insegnato matematica al sesto anno e educazione fisica dal primo al sesto anno; la signora Huang, lingua al quarto anno e arte al quarto, quinto e sesto anno; la signora Zhu matematica al terzo anno e inglese al primo, secondo e terzo anno; la signora Lin lingua al secondo anno e arte al primo, secondo e terzo anno; la signora Chen avrebbe insegnato musica al primo, secondo e terzo anno; a Xingxing vennero assegnate le classi di lingua del primo anno e di inglese e musica al quarto, quinto e sesto anno. Tutti andarono direttamente in classe il giorno dopo il loro arrivo al villaggio. Ma ben presto cominciarono le defezioni: la signora Chen se ne andò dopo una settimana e dopo un mese anche la signora Lin rinunciò.[28]

La scuola a Gumi

La scuola elementare interessata da questo progetto si trova sulla monte Gumishan nel comune di Gumi, nella contea di Leibo, nella prefettura autonoma Yi di Liangshan, situata vicino al fiume Jinsha che separa la Provincia del Sichuan dalla provincia dello Yunnan. Ecco come Xingxing inquadra il contesto:

Questa scuola elementare aveva quattro insegnanti strutturati, tre dei quali avevano più di cinquant’anni, una era la figlia di uno degli insegnanti, ma solo occasionalmente aiutava con le lezioni. La scuola aveva sei classi, dalla prima alla sesta. La classe più numerosa era il primo anno con 29 studenti, la più piccola era la terza, con solo otto studenti; il secondo anno aveva 20 studenti, il quarto ne aveva 14, il quinto 16 e il sesto 11 studenti, per un totale di 98 bambini in tutta la scuola. La maggior parte di loro erano bambini-lasciati-indietro, solo due vivevano con i loro genitori, gli altri, o vivevano solo con la madre a casa o solo con i nonni. Alcuni vivevano con i loro fratelli e non c’erano adulti di età superiore ai 18 anni in famiglia.

Prima di partire, il signor Peng ci aveva detto che la scuola non aveva una mensa e che nessuno ci avrebbe aiutati per i pasti, così noi eravamo preparati e sapevamo che avremmo dovuto occuparci da soli del cibo. Dopo essere arrivati a Gumi, però, ci rendemmo conto che la scuola era a più di un’ora di cammino dal mercato, ossia quasi tre ore di viaggio tra andata e ritorno, ai piedi della montagna, pertanto era impossibile fare acquisti ogni giorno. La scuola non aveva un frigorifero, pertanto non potevamo organizzare delle scorte. Scoperte le nostre difficoltà, il direttore della scuola chiese agli studenti di portare cibo da casa per i volontari, ma a quel punto gli studenti entrarono in competizione tra loro su chi avrebbe fornito il piatto più costoso all’insegnante, e questo si rivelò uno svantaggio per quegli studenti che non avevano la possibilità di portare nulla, i quali si sentivano in imbarazzo.

E ancora:

Un altro problema per la scuola e gli studenti era quello dell’acqua. Come già accennato, nel villaggio non era disponibile acqua corrente, né per i volontari né per le famiglie. Il signor Peng e il direttore andavano ogni settimana a un ruscello lontano per portare l’acqua ai volontari, che però non bastava per tutta la settimana. Così, quando l’acqua finiva, sorprendentemente, tutti, sia bambini che adulti, si offrivano per andare a prendere l’acqua agli insegnanti, i quali, però, anche se tutti erano più che felici di aiutare, avevano la sensazione di creare un impegno in più a tutti.

Il livello di difficoltà di vita del villaggio di montagna non era prevedibile per i volontari, tutti provenienti da contesti urbani, con livelli alti di scolarizzazione, poco preparati ad affrontare situazioni problematiche. Accanto alle difficoltà materiali, i volontari si trovarono di fronte anche a complesse situazioni pedagogiche:

Uno studente che viveva in una casa accanto a noi, spesso si avvicinava di notte per spaventarci, o bussava alla finestra per farci paura mentre dormivamo. Quando l’ho sgridato, gli altri volontari mi hanno fermato dicendo che quello era per lui solo un modo per mostrarci la sua attenzione e che non avrei dovuto sgridarlo, anche se il suo era un comportamento da non incoraggiare. In un altro caso, due bambini di prima elementare, un fratello e una sorella, all’inizio venivano a giocare con noi nei nostri alloggi, e noi occasionalmente offrivamo loro la merenda, tenendoli anche a cena con noi qualche sera. A poco a poco, i fratellini hanno preso l’abitudine di venire ogni giorno a chiedere la merenda e quando gli altri studenti lo sono venuti a sapere, hanno cominciato ad imitarli. Molte volontarie non osavano riprendere gli studenti su questa brutta abitudine di chiedere cose. Alla fine, il signor Peng ci è venuto in aiuto e ha vietato loro di tornare di nuovo. Ma da allora il loro comportamento nei nostri confronti è cambiato, si sono dimostrati indifferenti e non ci hanno più risposto quando parlavamo con loro. Se non avessimo acconsentito alle loro richieste fin dall’inizio, non saremmo andati incontro a queste conseguenze.

In questo intervento di risoluzione del conflitto da parte del signor Peng, il divieto ha portato a un distanziamento tra i bambini e gli insegnanti, ossia, un effetto decisamente non voluto. Questo sembra essere anche alla base della differenza di approccio didattico:

Gli insegnanti ufficiali della scuola, in passato, erano sempre stati molto severi con gli studenti; questi ultimi con loro, si erano sempre comportati bene in classe. Coi volontari, invece, che avevano un approccio meno severo e minaccioso, spesso gli studenti non avevano atteggiamenti positivi, litigavano tra di loro e disturbavano la lezione. La situazione più grave era quella della prima elementare in cui insegnavo io, dove ogni giorno durante la lezione i bambini disturbavano spesso, facevano rumore e camminavano per la classe, provocando l’insegnante. Più volte sono dovuta ricorrere all’aiuto di altri insegnanti per richiamarli. Gli studenti, inoltre, non completavano i compiti assegnati dai volontari, perché noi non li punivamo, come invece facevano gli insegnanti ufficiali. Il numero di studenti che non eseguiva i compiti assegnati era sempre alto.

È evidente che, data la complessità della situazione e la scarsa preparazione pedagogica dei volontari, il clima generale presentava numerose criticità, che però non hanno impedito ai soggetti interessati di valutare l’azione didattica come complessivamente positiva.

L’impatto positivo della presenza di insegnanti volontari in questa zona remote, a detta degli stessi insegnanti, è soprattutto legato ai seguenti ambiti:

  1. Miglioramento delle abitudini igieniche

Afferma Xingxing:

La maggior parte dei bambini del luogo non era abituata a prestare attenzione all’igiene, non si lavavano le mani prima di mangiare, non si tagliavano le unghie, raramente facevano il bagno o si lavavano i capelli, e quasi tutti i bambini con i capelli lunghi avevano i pidocchi. Quando una delle volontarie ha fatto notare i problemi di igiene dei bambini, i volontari hanno cominciato a tagliare le unghie di ogni bambino a turno, e hanno ricordato loro ogni giorno di lavarsi le mani, di lavarsi i denti al mattino e alla sera, e di fare il bagno e lavarsi i capelli tutte le volte che ne avevano la possibilità. Non era possibile chiedere a tutti gli studenti di fare il bagno e lavarsi i capelli regolarmente perché non tutte le famiglie avevano l’acqua, e quelli che non l’avevano dovevano andare al torrente sulle colline e riempire grandi sacchi di plastica con l’acqua per le loro famiglie, il che significava che dovevano essere molto frugali con i consumi, perché il torrente era molto lontano e ci voleva più di un’ora a piedi e mezz’ora in bicicletta. Sotto la spinta dei volontari, le condizioni sanitarie della maggior parte degli studenti migliorarono.

 

  1. Miglioramento delle competenze linguistiche

L’area di Gumi è fortemente dialettofona, gli insegnanti originari del luogo non si rivolgevano agli studenti in lingua standard (putonghua), pertanto i bambini non erano abituati a parlare il putonghua.

All’inizio noi non riuscivamo nemmeno a capire alcuni dei bambini, che parlavano una lingua mista tra dialetto e putonghua. Con il nostro arrivo da fuori, sono stati costretti a parlare la lingua standard in classe per comunicare con noi, il che ha dato loro una grande motivazione all’apprendimento linguistico. Durante le lezioni, i volontari correggevano la loro pronuncia, e alla fine dell’intervento, in generale il livello di putonghua dei bambini era migliorato notevolmente.

La presenza dei volontari provenienti da altre regioni ha avuto un impatto positivo sull’apprendimento della lingua standard (qui quasi una lingua franca) da parte dei bambini.

  1. Incremento delle opportunità educative e ricreative per i bambini.

Prima dell’arrivo dei volontari, gli studenti seguivano solo due materie: lingua e matematica; dopo l’arrivo di noi volontari sono state aggiunte le classi di inglese, arte, musica e educazione fisica, che non solo hanno arricchito la classe, oltre a permette loro di esplorare i loro interessi. Nelle mie lezioni di musica e inglese, gli studenti erano molto felici e positivi per il fatto di vivere un’esperienza in classe così diversa.

E, sulle attività extrascolastiche:

Il gruppo di volontari organizzava anche numerose attività extrascolastiche: nei fine settimana portavamo i bambini a giocare insieme nel prato, chiacchierando, cantando e giocando con loro, permettevamo loro di sperimentare cose che non avevano mai provato prima in questo villaggio. Alla fine del semestre, abbiamo organizzato uno spettacolo per la festa dei bambini del 1° giugno.[29] Il programma includeva canto, danza, recitazione di poesie e molto altro. Ogni numero era stato preparato dai volontari, e i bambini, che non avevano mai partecipato a nessuna performance prima, hanno partecipato con entusiasmo.

 

  1. Maggiore attenzione alla parità di genere

Nella società rurale tradizionale la preferenza per i maschi è molto evidente, tanto che è molto diffuso il detto zhongnan qingnü, ossia “valorizzare gli uomini e disprezzare le donne”, proprio per descrivere queste società. Le bambine ricevono meno attenzione dei bambini, sia all’interno delle famiglie, sia nell’istruzione. Secondo diversi testimoni, gli insegnanti volontari, al contrario, dedicano maggiore attenzione alle bambine-lasciate-indietro di quanto non ne dedichino la scuola o la società locale. Questa affermazione trova risonanza nei dati forniti dal governo cinese. Nel 2001, un’indagine sulla posizione sociale delle donne ha mostrato che il tasso di analfabetismo delle donne rurali era del 13,6%, superiore del 9,6% a quello degli uomini delle campagne; il 58,8% delle donne rurali aveva solo l’istruzione primaria, il 21,9% in più degli uomini; la percentuale di donne con un livello di istruzione di scuole media inferiore e superiore era del 42,3%, ossia il 20,8% in meno rispetto agli uomini.[30] I dati del 2011, invece, mostrano che la percentuale di donne rurali che avevano ricevuto un’istruzione superiore o superiore era del 10%, solo il 4,6% inferiore a quella degli uomini delle campagne. In generale, il divario di genere dopo il 2010 sembra diminuire, ma la forbice resta sempre ampia.[31] La sensazione, per questi volontari, fu che “Gli insegnanti volontari che agiscono direttamente in campagna possono coinvolgere maggiormente le ragazze e aiutarle a crescere coraggiosamente anche nelle società tradizionali, e dare loro gli strumenti necessari per combattere il sistema patriarcale.”[32]

  1. Rinforzo psicologico e miglioramento delle prestazioni scolastiche

Non avendo accesso all’istruzione post-scolastica integrativa di cui abbiamo parlato sopra, e non avendo a disposizione l’aiuto da parte di adulti, lo svantaggio economico e territoriale viene considerato un fattore di rischio che disallinea il rendimento scolastico dei bambini delle campagne da quello dei loro coetanei dei ceti urbani. Come accennato sopra, uno dei problemi che si individuano negli studi sui liushou ertong è la mancanza di fiducia in se stessi. Gli insegnanti “ufficiali” utilizzano metodi didattici tradizionali fortemente meritocratici, tendono a lodare gli studenti con i voti migliori e a punire quelli che conseguono voti inferiori con la conseguenza di  portare questi bambini a sviluppare ulteriori difficoltà, fino ad abbandonare la scuola. I volontari, al contrario, hanno approcci diversi. Consapevoli del fatto che apprezzare anche i piccoli progressi di ogni studente è importante per costruire la loro autostima, riconoscono gli sforzi di ciascuno e rinforzano così il loro percorso di apprendimento. [33] L’approccio dei volontari è quello di dare agli studenti lodi e incoraggiamenti, aiutarli a scoprire i loro punti di forza, per costruire la fiducia in sé stessi e guidare il loro progresso e sviluppo complessivi.

Conclusioni

Le iniziative di volontariato nell’insegnamento rientrano nelle azioni del minjian, ossia, quelle iniziative esterne al sistema, che nascono tra la gente, come innovazioni/sperimentazioni. In generale, nel passato come nel presente, si nota un andamento ricorrente, secondo cui queste mobilitazioni cittadine iniziano dal basso e mantengono un profondo radicamento alla base, finché, nella loro implementazione, vengono acquisite dal partito o dall’istituzione governativa in generale, che, a sua volta, le trasferisce in diversi ambiti territoriali, seguendo direttive proprie. Sembra quindi lecito affermare che nell’epoca moderna le mobilitazioni dei cittadini avvengono attraverso campagne che si collocano a metà tra la responsabilizzazione individuale del modello neo-confuciano, e la partecipazione collettiva del modello maoista, in una società collettiva di tipo comunista.

Oggi l’intervento dello Stato tende a limitare ulteriormente l’iniziativa al di fuori del sistema-partito e ad accentrare le azioni di volontariato in istituzioni secondo la formula sperimentata con l’associazione – ora fondazione – Gesanghua, che, infatti, nel 2022 è stata insignita di un importante riconoscimento come buona prassi non-profit per l’alleviamento della povertà.

La situazione delle campagne cinesi ha subito trasformazioni epocali dal 2013 ad oggi, ma in molte aree popolate da etnie di minoranza, soprattutto nelle zone montane, lo sviluppo è stato molto più lento di quello a cui si assiste nelle zone urbane.

Nel caso qui presentato, la riflessione sulle modalità di lavoro messe in atto apre una finestra importante sulle criticità delle zone rurali e sul rapporto tra diversi soggetti sociali nella Cina contemporanea.

È indubbio che il contributo dei volontari e la loro presenza negli ambienti sociali educativi rurali abbia un impatto positivo per entrambe le parti: da una parte, le scuole sono alleggerite di un compito educativo che – per una miriade di motivi – non sono in grado di sostenere da sole; dall’altra, giovani che sono cresciuti in città, con poche occasioni di contatto con ambienti di vita e di cultura diversi possono affrontare un’esperienza che certamente contribuisce alla loro crescita personale. Nel caso analizzato emerge come gli elementi di cambiamento apportati nell’ambiente educativo rurale, tendenzialmente conservatore, possano essere rilevanti: il cambio di prospettiva pedagogica (il rinforzo positivo delle competenze, e dell’autostima, invece di un sistema educativo basato su meriti e punizioni); un cambio di prospettiva di genere (valorizzazione delle competenze e empowerment delle bambine è uno degli obiettiti citati sia dai soggetti intervistati, sia dagli statuti di associazioni di volontariato); maggiore attenzione agli aspetti affettivi-relazionali. Quanto alle competenze acquisite dai bambini, ossia l’efficacia dell’insegnamento in termini di nozioni e competenze acquisite, l’aspetto linguistico è il più evidente, mentre per le altre competenze non sappiamo quanto corrispondano alle competenze/conoscenze acquisite da bambini e bambine delle scuole di città di pari grado.

Le problematiche messe in luce da questa esperienza sono condivise in numerosi studi sull’impatto delle organizzazioni non-profit nelle zone occidentali del paese. Wang e Ling (2013, 160) riferiscono di un direttore di una scuola dell’altopiano tibetano il quale ha lamentato il fatto che spesso i volontari che si recano nelle zone remote presentano forti difficoltà di adattamento, non hanno un’adeguata preparazione didattica e sono spinti da motivazioni personali, più legati a prospettive di incentivi sociali o politici, che non da una reale motivazione benefica. In questa affermazione si evidenzia il senso di disparità sociale e di distanza culturale tra i gruppi appartenenti allo stessa Repubblica popolare. Iniziative di volontariato che hanno l’obiettivo di avvicinare queste distanze, spesso ottengono l’effetto opposto: un modello assistenzialista rinforza il potere dell’assistente sull’assistito. Nel caso specifico cinese, il modello urbano, eteroguidato da rappresentanti dell’etnia di maggioranza, Han, si rappresenta come vincente, mentre i soggetti appartenenti alle minoranza etniche o a categorie sociali subalterne (contadini) confermano la  propria posizione di impotenza e di dipendenza. L’“assistito” si sente deresponsabilizzato e il suo potenziale soggettivo non trova riconoscimento. Questa tendenza pare ora rimessa in discussione dalle azioni di ridefinizione e controllo messe in atto da Xi Jinping, ma, purtroppo, il blocco della mobilità interna in seguito alla diffusione del virus COVID-19 non consente di osservare l’andamento reale delle scuole di campagna; al contempo, le azioni di volontariato si sono interrotte, rimettendo la questione nelle mani dello Stato.

Per questo motivo sarà interessante analizzare lo stesso territorio oggi, a distanza di dieci anni, o domani, a distanza di venti anni, per capire la direzione in cui sta andando l’istruzione rurale.

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Note

[1] In Cina ci sono 56 gruppi etnici riconosciuti dallo Stato. Il gruppo di maggioranza, Han, occupa oltre il 90% dell’intera popolazione, mentre gli altri 55 costituiscono circa l’8% della popolazione. Alcuni villaggi, o gruppi di villaggi, hanno una autonomia territoriale su base etnica. Questo è il caso del villaggio in cui si è svolto in periodo di insegnamento qui analizzato.

[2]  Ricordiamo anche le figure di Zhou Zuoren (1885-1967) e Ye Shengtao (1894-1988), legate alla narrativa per l’infanzia, ma che furono anche figure influenti nel panorama della pedagogia cinese.

[3]  Molte scuole hanno manifestato interesse e avviato programmi sperimentali sul modello del Progetto “Reggio Children” e nelle maggiori città cinesi sono state aperte scuole di infanzia e primarie di stampo montessoriano. Si tratta di scuole speciali, esperimenti limitati a contesti ben definiti.

[4]  Un importante terreno di sperimentazione dell’impianto pedagogico furono gli anni di occupazione della base comunista di Yan’an (1936-1949). Da quegli anni deriva l’attenzione per l’educazione dei contadini, per l’eradicamento delle vecchie credenze, bollate come superstizioni, e l’allontanamento da modelli stranieri e borghesi.

[5] Molta parte di quel periodo venne dedicata alla discussione sull’educazione. Il dibattito sfociò nel 1966 nella Rivoluzione Culturale, voluta da Mao proprio per opporsi a un sistema di istruzione eccessivamente irrigidito. La posizione di Mao è condensata nella Dichiarazione del 3 luglio 1965: “L’impegno di studio degli studenti è troppo gravoso, al punto inficia la loro stessa salute, e non si dimostra nemmeno efficace. Ritengo che l’attività di studio debba essere ridotta di un terzo. Invito i rappresentanti degli studenti e degli insegnanti a indire delle riunioni di riflessione per decidere il da farsi.”  Scritti raccolti, tra gli altri, in 毛主席论教育革命 [La rivoluzione dell’istruzione del Presidente Mao], Pechino, Renmin Publishing House 1967. Le traduzioni dal cinese e dall’inglese sono mie.

[6]  Yang Dongping, autore di 中国教育公平的理想与现实 [Ideali e realtà dell’equità educativa in Cina] afferma: “Dopo gli anni Novanta del ventesimo secolo, con l’acuirsi delle differenze tra ricchi e poveri, l’installarsi del sistema delle “scuole chiave” nell’istruzione di base, l’aumento delle tasse scolastiche, il background famigliare dei bambini è diventato un fattore sempre più influente nell’accesso all’istruzione. Nel sistema educativo cinese, la differenza di classe è un problema che sta assumendo sempre maggiore rilevanza”. Yang (2021, 1).

[7]  L’obbligo scolastico inizia, come in Italia, a sei anni, ma in alcune zone svantaggiate, a sette.

[8]  Nel 2022 sono stati 12 milioni gli studenti che hanno sostenuto l’esame nazionale, tra il 7 e il 10 giugno.

[9] Nel 2021, Xi Jinping ha chiuso molte scuole di approfondimento, o “doposcuola,” pomeridiane e serali. Tra le motivazioni addotte, si trova anche quella di appiattire le differenze tra bambini e bambine di famiglie di diversa estrazione sociale.

[10]  Consiglio di Stato della Repubblica Popolare Cinese (2013), url: http://www.gov.cn/jrzg/2013-05/10/content_2400061.htm. Ultimo accesso 31/05/2021.

[11] Il successo del programma per l’uscita dalla povertà di circa 100 milioni di contadini in otto anni è stato annunciato dallo stesso Presidente Xi il 25/02/2021. The State Council Information Center of the People’s Republic of China, 脱贫攻坚战,全面胜利![La lotta contro la povertà: una vittoria completa!] In inglese: Xi hails China’s poverty eradication miracle. Url: http://english.scio.gov.cn/topnews/2021-02/25/content_77249052.htm. Ultimo accesso 12/06/2022.

[12]  Zong He, 加强联动完善政策 筑牢留守儿童关爱网 [Il lavoro di rete per il miglioramento delle politiche di assistenza per i bambini-lasciati-indietro] Journal of Education, 21/09/2015. Url: http://www.moe.gov.cn/jyb_xwfb/gzdt_gzdt/moe_1485/201509/t20150922_209623.html. Ultimo accesso 21/06/2022.

[13] Una delle aree-modello per lo sviluppo delle scuole-college e la rinascita delle scuole rurali è la provincia meridionale del Fujian. Un recente documento del Ministero della Pubblica Istruzione evidenzia i successi della ricostruzione rurale di questa regione e il legame con il miglioramento del sistema di istruzione, sia per i minori in età scolare, sia per gli adulti. Dipartimento per l’Istruzione, Ministero dell’Educazione della RPC, 20/06/2022, 福建省“五个聚焦”推动实现巩固拓展 教育脱贫攻坚成果同乡村振兴有效衔接 [La convergenza tra i “cinque punti focali” per la promozione, il consolidamento e l’espansione dell’istruzione e quelli della riduzione della povertà e la rivitalizzazione delle zone rurali della Provincia del Fujian]. Url: http://www.moe.gov.cn/jyb_xwfb/s6192/s222/moe_1745/202206/t20220621_639411.html.  Ultimo accesso 21/06/2022.

[14]  Ministero degli Affari Civili della Repubblica Popolare Cinese (2018), url: http://www.mca.gov.cn/article/gk/tjtb/201809/20180900010882.shtml. Ultimo accesso 16/09/2021.

[15]  I numeri sono espressi in milioni.

[16] Si pensi, ad esempio, a bambini e bambine che vengono allontanati dalle campagne e collocati nelle aree semiurbane, relativamente vicine ai luoghi in cui lavorano i genitori.

[17] Sull’impatto sociale nel tessuto urbano/rurale della legislazione dello hukou negli ultimi anni, si veda la ricerca di Li, X., Su, Z., Dai, H. (2022).

[18]  Consiglio di Stato della Repubblica Popolare Cinese: 2003, url:http://www.gov.cn/gongbao/content/2003/content_62453.htm; 2014, http://www.gov.cn/zhengce/content/2014-09/30/content_9105.htm; (2016), url:  http://www.gov.cn/zhengce/content/2016-07/11/content_5090298.htm. Ultimo accesso 26/06/2022.

[19]  Per esempio, non richiedevano certificati anagrafici, permettevano il pagamento a rate delle tasse scolastiche e orari flessibili. Si veda Ardizzoni (2009, 52).

[20] Sohu (2018), url: https://www.sohu.com/a/275922522_100928. Ultimo accesso 30/05/2021.

[21] DW (2011), url: https://p.dw.com/p/12I7c. Ultimo accesso 29/05/2021.

[22] Si riferisce agli studenti universitari che si recano nelle zone rurali per sostenere gli agricoltori, l’istruzione, le cure mediche e l’alleviamento della povertà .

[23] Lega della Gioventù Comunista Cinese (2009), url: http://www.gqt.org.cn/zhuanti/125zyzr/xmzs/200912/t20091208_318771.htm. Ultimo accesso 01/06/2022.

[24] Fondata nel 2005 nel Guangdong. Attraverso la costituzione di squadre di volontari, vengono realizzati progetti come donazioni a scuola e corsi specifici per migliorare l’istruzione e le condizioni di vita dei bambini nelle aree montuose e dei bambini migranti urbani.

[25] Fondata nel 2005 a Keke Xili nel Qinghai da Hong Bo e due amici, la sua missione è fornire sostegno economico ai giovani delle regioni occidentali, come il Qinghai stesso, per aiutarli a completare gli studi.

[26] Url: http://www.gesanghua.org/. Ultimo accesso 2/06/2022.

[27] Si tratta della Legge della RPC sull’amministrazione delle attività delle ONG straniere in territorio cinese, in vigore dal 1 gennaio 2017. Testo in inglese completo in  https://ngo.mps.gov.cn/ngo/portal/view.do?p_articleId=21833&p_topmenu=2&p_leftmenu=4. Ultimo accesso 1/06/2022.

[28] A parte quello della informatrice e del signor Peng, i cognomi qui presentati sono fittizi.

[29] Dal 1956, il primo giugno è la giornata di celebrazione dell’infanzia.

[30] Ufficio nazionale di statistica (2001), url: http://www.stats.gov.cn/tjsj/tjgb/qttjgb/qgqttjgb/200203/t20020331_30606.html. Ultimo accesso 02/06/2021.

[31] Ufficio nazionale di statistica (2011), url: http://www.china.com.cn/zhibo/zhuanti/ch-xinwen/2011-10/21/content_23687810.htm. Ultimo accesso 02/06/2021. Sulle motivazioni e relative all’aumento della scolarità femminile nelle campagne e la qualità dell’istruzione rurale femminile esiste una letteratura dedicata in cinese, molto limitata in lingue occidentali. Le interessate e gli interessati potranno fare riferimento a studi di Gail Hershatter, per una prospettiva storica, e di Tamara Jacka, per una prospettiva sociologica. Anche Ardizzoni (2022, 31-58).

[32] Intervista alla volontaria.

[33] Teniamo anche in considerazione il fatto che i volontari, giovani studenti cresciuti spesso anche in ambienti culturali di respiro internazionali, sono stati esposti alle teorie pedagogiche occidentali, ad esempio, di Freire, la cui “Pedagogia degli oppressi” [被压迫的教育学] è stata tradotta in cinese nel 2001. Piaget era noto già negli anni ottanta, Maria Montessori ha suscitato molto interesse dagli anni novanta. Ma si trattava di conoscenze spesso molto teoriche.

L'autrice

Sabrina Ardizzoni, PhD, insegna Lingua e Cultura cinese e didattica dell’italiano a sinofoni all’Università di Bologna. Ha conseguito la qualifica di mediatrice linguistico-culturale della Regione Emilia-Romagna. Da molti anni lavora come interprete in varie istituzioni italiane per l’inserimento degli immigrati dalla Cina nel territorio di Bologna e dell’Emilia Romagna, con lunga esperienza in ambito scolastico e sanitario. Ha pubblicato diversi articoli sulla traduzione e mediazione linguistico-culturale con la comunità sinofona in Italia.