Storie migranti: il progetto DIMMI

L’immigrazione rappresenta una delle sfide più rilevanti e, senza dubbio, complesse del panorama socioeconomico e politico contemporaneo in Italia. Al centro della sfida vi è la capacità di promuovere un’integrazione autentica, che non si limiti al mero adattamento dei migranti nella società di accoglienza, ma che si traduca in una reale coesione sociale. Serve un cambiamento di paradigma: l’integrazione deve diventare un impegno collettivo volto a eliminare ogni forma di esclusione sociale ed educativa e non gravare esclusivamente sulle spalle dei migranti (Canevaro e Malaguti, 2014). Le istituzioni educative, in particolare, sono chiamate a svolgere un ruolo determinante, adattandosi alle diversità degli individui (Pavone, 2012) e promuovendo un dialogo interculturale aperto e costante.
Un’iniziativa significativa in questo senso è il progetto DIMMI di storie migranti, (www.dimmidistoriemigranti.it), finanziato dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics), che rappresenta il seguito del progetto DiMMi. Diari multimediali migranti, promosso dalla regione Toscana. Il sostegno della Regione era stato focalizzato fino all’anno 2017 sull’educazione e sensibilizzazione su temi di pace, memoria e dialogo interculturale, DIMMI di storie migranti ha, invece, puntato a creare una narrazione innovativa sulla migrazione. Il progetto offre ai migranti una piattaforma per condividere le loro storie personali, fornendo una visione autentica di una società dinamica, con l’obiettivo di costruire e diffondere un insieme di valori comuni. Il progetto opera su più livelli. Principalmente, mira a contrapporsi alla xenofobia, cercando di sradicarla attraverso strumenti di cultura partecipativa. Si propone di favorire percorsi educativi che incoraggino la formazione di cittadini “globali”, per i quali la “diversità” è considerata una risorsa inestimabile. Inoltre, DIMMI di storie migranti intende ampliare la conoscenza e il dialogo sulle dinamiche della migrazione, dell’accoglienza e dell’integrazione, stimolando una comprensione più profonda attraverso narrazioni personali che facilitano l’incontro e il dialogo interculturale tra vari gruppi.
La raccolta e valorizzazione delle storie migratorie presso l’Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano rappresentano un aspetto strategico. Queste narrazioni forniscono una prospettiva ricca e articolata sui fenomeni migratori e sui percorsi di integrazione, permettendo di restituirne la complessità. DIMMI di storie migranti è teso a esplorare il valore dell’ascolto reciproco come strumento per combattere odio e intolleranza e promuove un’educazione che vada oltre gli stereotipi, favorendo una cittadinanza globale consapevole.
Il progetto prevede un concorso nazionale, Diari multimediali migranti, che raccoglie e diffonde testimonianze autobiografiche legate al contesto dell’immigrazione. Ogni racconto nasce dal dialogo tra operatori e beneficiari del progetto, coinvolgendo mediatori culturali e persone attive nei Centri provinciali per l’istruzione degli adulti (Cpia), nei centri di accoglienza e in altre strutture dedicate all’integrazione. Questo processo collaborativo consente di esplorare esperienze individuali, creando una narrazione che celebra la diversità e stimola una maggiore comprensione delle storie migratorie. Le storie raccolte vengono esaminate dai membri dei comitati di lettura per partecipare al concorso nazionale DiMMi. I vincitori vedranno le loro storie pubblicate dall’editore Terre di mezzo in un volume antologico, e anche le storie non premiate troveranno una casa nell’Archivio diaristico nazionale. I partecipanti possono esprimersi attraverso vari media: racconto scritto, video, file audio, fotografie, disegni, e-mail o cartoline; possono mescolarne diversi per una narrazione ricca e personale. Essenziale è che la storia sia raccontata in prima persona, senza alterazioni, riflettendo la voce autentica del narratore. Dove necessario, una traduzione italiana deve accompagnare storie narrate in lingua straniera. La valutazione delle storie avviene con la massima riservatezza da parte dei membri dei comitati territoriali, dimostrando un impegno serio e rispettoso nei confronti delle testimonianze condivise, contribuendo a un dialogo interculturale che sfida le convenzioni e costruisce ponti di conoscenza e comprensione.
I comitati territoriali
I comitati territoriali sono formati da persone che operano a vario titolo all’interno del loro contesto di riferimento, come docenti, giornalisti, mediatori culturali, volontari e altri professionisti del settore. I comitati ricevono le storie dai coordinatori dell’Unità nazionale del progetto, con il compito di leggere e selezionare le narrazioni destinate al concorso nazionale Diari multimediali migranti. Ogni comitato è guidato da un referente, responsabile della costituzione del gruppo e della direzione delle attività di lettura e valutazione. Egli svolge un ruolo chiave nel coordinamento dei membri, garantendo che ci sia una comunicazione fluida e che le operazioni si svolgano in modo efficiente. Inoltre, a ciascun comitato è richiesto di definire chiaramente delle regole organizzative interne, indispensabili per strutturare le funzioni e le attività del gruppo, delineando procedure chiare per la gestione delle storie e per il processo di selezione. Durante le sessioni di lettura, i membri del comitato esaminano sia individualmente che in gruppo le storie ricevute. Un processo così strutturato permette di ottenere diverse prospettive sulla stessa narrazione e assicura una valutazione più completa e ricca di sfumature. Dopo la lettura, viene preparata una scheda di valutazione dettagliata per ciascuna storia. Le schede fungono da documenti ufficiali che riflettono l’analisi accurata e i giudizi espressi dal comitato, evidenziando sia i punti di forza sia eventuali aree di miglioramento per ciascuna narrazione. Il sistema di valutazione dei comitati territoriali si basa su criteri stabiliti in precedenza, che tengono conto di vari elementi quali l’autenticità della voce narrante, la qualità della narrazione, la capacità di esprimere esperienze personali e la rilevanza dei temi trattati in relazione agli obiettivi del concorso. Attraverso questo processo, i comitati giocano un ruolo cruciale non solo nella selezione delle storie più meritevoli, ma anche nel garantire che tutte le voci, indipendentemente dall’esito, vengano ascoltate e rispettate nel loro contributo unico alla comprensione e al dialogo interculturale.
I comitati di Napoli e Reggio Calabria
Nel 2023 ho avuto l’opportunità di istituire un comitato di lettura a Napoli, seguito nel 2025 dalla creazione di un altro comitato a Reggio Calabria. Entrambe le iniziative sono state ampiamente pubblicizzate per attrarre persone appassionate e interessate al progetto. Alcuni membri si sono proposti spontaneamente, spinti dal desiderio personale di contribuire, altri sono stati invitati in base alla loro sensibilità verso il tema della migrazione e alle competenze empatiche, così come alla loro abilità nella lettura e analisi di testi. Una volta formato il comitato ho organizzato, come referente, un primo incontro volto a favorire la conoscenza reciproca tra i membri. In esso sono state poste le basi per future sessioni di collaborazione e cooperazione, fondamentali non solo per la lettura condivisa delle storie dei migranti ma anche per la preparazione collettiva delle schede di valutazione. Il secondo incontro ha assunto una rilevante valenza formativa, concentrandosi su aspetti essenziali del processo di valutazione. In primo luogo, in merito alla tutela della privacy dei partecipanti e al dovere di riservatezza delle storie narrate. Durante la sessione è stata presentata e dettagliatamente illustrata, al fine di condividerla, la scheda di valutazione, strumento fondamentale per assicurare un metodo di valutazione equo e uniforme. La sua corretta compilazione è stata messa in rilievo come elemento chiave per preservare l’integrità e l’obiettività del processo valutativo. Inoltre, ai membri del comitato sono stati introdotti i concetti di epoché, attenzione e sospensione del giudizio (Demetrio, 2008), categorie filosofiche utili per eseguire una lettura e valutazione dei testi che sia realmente imparziale e priva di pregiudizi. Essi vengono incoraggiati ad affrontare le storie con una mente aperta, per una comprensione più profonda e oggettiva dei racconti. La formazione ha avuto l’ulteriore obiettivo di sviluppare non solo abilità tecniche legate alla valutazione. Sono state anche coltivate competenze interpersonali che facilitino la creazione di un ambiente di lavoro collaborativo e rispettoso, condizione indispensabile per il successo del comitato di lettura. Un siffatto ambiente non solo migliora l’efficienza operativa del gruppo ma promuove anche uno scambio di idee più ricco e costruttivo.
In sintesi, l’incontro si è configurato come un passo determinante verso l’evoluzione di un comitato di lettura non solo competente ma realmente aperto e inclusivo. I comitati di lettura, incaricati di selezionare e valutare le storie dei migranti per il concorso Diari multimediali migranti, utilizzano un approccio che integra la lettura silenziosa e dialogica con la condivisione collettiva delle narrazioni. Ispirato al concetto di lettura dialogica sviluppato da Bakhtin (1981), questo processo incoraggia i membri del comitato a considerare l’interazione con il testo come un dialogo dinamico tra lettore e autore. Un approccio, questo, che consente ai membri di percepire le storie come entità viventi, ricche di significati multipli e nascosti, che emergono attraverso un’interazione profonda e riflessiva. Durante la fase di lettura silenziosa, i membri del comitato sono incentivati a esplorare le narrazioni individualmente, formulando nuove interpretazioni delle esperienze raccontate. Questo non solo arricchisce la comprensione delle storie, ma stimola anche la riflessione personale, offrendo nuove prospettive e comprensioni critiche. La fase di lettura condivisa si svolge in un contesto di gruppo funzionale e affidabile, facilitato dal referente. Al suo interno i membri condividono le loro interpretazioni e riflessioni, permettendo un approfondimento delle narrazioni stesse e promuovendo il dialogo e la comprensione reciproca. L’utilizzo delle storie formative trova un importante riferimento nell’opera di Freire (1970), che enfatizza il dialogo e la riflessione critica come strumenti essenziali per l’empowerment e la crescita personale. Attraverso il racconto, i membri del comitato possono apprendere gli uni dagli altri in un ambiente che celebra la diversità delle esperienze, riflettendo sulle narrazioni ricevute e attribuendo ad esse nuovi significati. Questo processo non solo migliora la comprensione del mondo sociale e culturale rappresentato nelle storie, ma rafforza anche le competenze di valutazione critica e consapevolezza interculturale dei membri del comitato. La lettura, sia silenziosa che condivisa, va oltre la semplice decodifica, stimolando la mente e ampliando la conoscenza. Gli studi di neuro-immagine dimostrano, infatti, che la lettura attiva coinvolge il sistema limbico, rivelando un’interazione tra emozioni e processi cognitivi. Nei comitati di lettura questa partecipazione emotiva permette ai membri di riflettersi nelle storie, favorendo la coesione del gruppo e rafforzando il senso di appartenenza. La condivisione di esperienze e riflessioni contribuisce a ridurre la solitudine e incrementa la consapevolezza personale, sviluppando autonomia e spirito critico. Infine, la lettura in gruppo facilita la memoria, l’attenzione e il pensiero critico, consentendo ai membri del comitato di confrontare le storie di vita in modo costruttivo.
L’esperienza dei comitati di lettura evidenzia, quindi, come la lettura non sia un’attività passiva ma, al contrario, si configuri come un potente strumento di esplorazione interiore e crescita collettiva, trasformando i lettori in partecipanti attivi e curiosi nel processo di selezione delle storie.
Le storie: categorie emergenti
Analizzando le testimonianze[1] raccolte nel progetto DIMMI di storie migranti, attraverso la lente fenomenologica ed ermeneutica (Mortari, 2007), emergono categorie tematiche e strutturali che rivelano la complessità delle esperienze vissute dai migranti. Queste categorie offrono una panoramica delle loro vite nei contesti migratori, fungendo da tracce della loro esperienza vissuta (Lebenswelt).
3.1 Identità e ricostruzione del sé
Uno dei temi che emergono in modo quasi tangibile è la frattura dell’identità personale. Racconti come quelli di Yulia, Lasha e Afia ci mostrano come l’abbandono, la migrazione forzata o la consapevolezza delle proprie radici, e persino il distacco dal passato familiare – siano essi adozione, perdite o separazioni – possano creare una netta interruzione nel flusso della loro storia di vita. Spesso, chi migra è costretto a ridefinire il proprio io, dando forma a un’identità che è ricca di sfumature e abbraccia più culture. Prendiamo ad esempio Afia Jahan, perfettamente a suo agio tra cinque lingue, oppure Yulia, che vive divisa tra la cultura russa e quella italiana e tra il suo essere madre e attrice. Queste vicende personificano un’esperienza di estraneità, in cui vivere tra più mondi può generare un senso di non appartenenza, ma al contempo aprire a inedite opportunità e trasformazioni. In un simile contesto, l’identità non è mai statica; è piuttosto una tela in continua evoluzione, in cerca di punti fermi come la famiglia, un lavoro sicuro o una comunità in cui sentirsi accolti.
3.2 Sofferenza, trauma e resilienza
Le storie di Nathalie, Souad, Lasha e Yulia sollevano il velo su dolorosi traumi come stupri, persecuzioni, prigionia e violenze. Questi eventi segnano delle vere e proprie “soglie” nelle loro esistenze, momenti che lasciano segni indelebili nel corso delle loro vite. Nelle loro narrazioni, il corpo emerge non solo come luogo di sofferenza e violazione, ma anche come simbolo di resistenza. Pensiamo, ad esempio, a Debora, che affronta con coraggio le difficoltà legate alla malattia della figlia, o a Souad, che sopporta le persecuzioni, ed Ervina, che fa i conti con la malattia della figlia e la perdita del marito. Raccontare queste esperienze diventa per loro un aiuto per iniziare a guarire, un’attività per restituire senso a vite frammentate, dare un nuovo significato a vite spezzate. Il trauma, infatti, non è solo un episodio passato, ma una cicatrice che perdura nel tempo e lascia un’impronta nel corpo e nell’anima.
3.3 Maternità e generatività
Molte testimonianze, tra cui quelle di Ervina, Nathalie, Yulia, Souad e Dory, raccontano di madri sole e forti che devono affrontare maternità “agonistiche”. Queste donne, quasi sempre in situazioni problematiche, devono fare i conti con lutti, affidi e resistenze, prendendo decisioni controcorrente. La maternità, in queste storie, è rivendicata non solo come una responsabilità personale ma come un atto politico. Scegliere di accudire, adottare o proteggere diventa allora un’opposizione a sopraffazioni cieche e disumane, come nel caso di Yulia che lotta contro lo Stato per tenere con sé Kristina. Le madri diventano spesso ponti culturali, mediatrici di codici e custodi di memoria collettiva. In tal modo queste esperienze collocano la maternità in un luogo fenomenologico privilegiato dove si incrociano corpo, etica, futuro e potere trasformativo che sfida le divisioni convenzionali tra passività e azione.
3.4 Casa, esilio e accoglienza
La casa è un tema centrale per molti migranti. Le storie raccontano di case perdute, come nel caso di Lasha e Dory, e di case ricostruite, come per Souad. Per Jihen e Yulia, invece, il concetto di casa è sempre in movimento, un qualcosa che si ridefinisce continuamente. Spesso è l’accoglienza a rappresentare il punto di svolta: là dove incontrano umanità e comprensione, scoprono la possibilità di rinascere. Le esperienze nei contesti come Sermig, nelle famiglie che aprono le braccia o nei centri Sai, mostrano quanto le relazioni umane possano essere fondamentali per ridare ai migranti quel senso di “casa”. La casa, in tal modo, trascende lo spazio meramente fisico e viene vissuta anche come uno spazio relazionale. È nell’incontro con l’altro, infatti, che si costruisce il senso di appartenenza e familiarità.
3.5 Tempor(e)alità migrante
Nei racconti dei migranti, il tempo sembra prendere forme inusuali (ritorni, flashback e salti temporali), frammentandosi e ricomponendosi in modi che sfidano la linearità. Le loro storie spesso intrecciano ricordi e speranze, saltando tra passato e futuro, come accade nella narrazione poetica di Dory, che abbandona la cronologia tradizionale per raccontare il suo viaggio. Un tema dominante è l’attesa: l’attesa nei centri di accoglienza, l’attesa per i documenti, per l’asilo politico, una realtà ben conosciuta da Lasha e Souad. Nonostante tutto, molte di queste storie riescono a concludersi con una prospettiva di rinascita e uno sguardo rivolto al domani, pieno, di sogni di formazione, lavoro e speranze per i propri figli. Questo tempo vissuto dai migranti sembra non seguire il normale scorrere del tempo sociale, e la loro identità si plasma nella tensione tra un passato che si è lasciato alle spalle e un futuro che deve ancora prendere forma.
3.6 Narrazione e trasformazione
Per tanti autori e autrici, il percorso dalla timidezza alla consapevolezza comincia con esitazioni del tipo: “non so se sarò capita” e culmina con affermazioni piene di orgoglio, come: “ho vinto”, “sono viva” o “sono attrice”. Attraverso e durante il processo di narrazione, emerge un senso di fierezza per le proprie esperienze e le trasformazioni vissute. Scrivere diventa un gesto di autonomia e autodeterminazione, che va ben oltre il semplice racconto di avvenimenti; è un modo per affermare con forza la propria esistenza nel mondo. È un atto di resilienza, o meglio di “insistenza” dichiarata. Attraverso l’uso di simboli e narrazioni performative, proprio come fanno Dory e Yulia, i racconti non si limitano a descrivere la realtà, ma ne creano di nuove. La narrazione diventa così un mezzo per far emergere il proprio sé, uscendo dall’ombra dell’indeterminatezza, lasciando un segno e costruendo un ponte di comunicazione tra chi racconta e chi ascolta.
Conclusione (fenomenologica e interpretativa)
Le testimonianze raccolte nel progetto DIMMI di storie migranti vanno ben oltre il semplice racconto di vite vissute tra i confini. Esse rappresentano veri e propri atti esistenziali, manifestazioni di un percorso complesso e stratificato che i migranti compiono nel cercare di ristabilire coerenza e continuità in un mondo che appare, di continuo, lacerato e frammentato. In un contesto in cui le loro vite possono sembrare sospese tra un prima e un dopo, queste narrazioni svolgono il ruolo di ancore, contribuendo alla ricostruzione di un’immagine di sé che sia non solo riconoscibile ma anche accettabile e dignitosa.
Da una prospettiva fenomenologica, tali storie portano alla luce le strutture fondamentali dell’esistenza umana quando è posta sotto pressione. Nei momenti di profonda crisi e smarrimento esistenziale esse rivelano bisogni umani profondamente radicati, come quello di essere visti e ascoltati, e raccontano il desiderio universale di riconoscimento. A queste esigenze si affianca la capacità straordinaria di dare forma e significato a esperienze frammentate attraverso strumenti di relazione umana: la parola, l’affetto, l’azione e l’amore. Tali narrative sono quindi non solo veicoli per la condivisione di esperienze, ma anche modi potenti di ri-costruzione del sé in termini di resilienza e speranza. Una strategia per essere in grado di immaginare ancora un futuro.
Le storie dei migranti raccolte in questo progetto ci invitano a una riflessione profonda sui fondamenti della nostra umanità condivisa. Ci sollecitano ad esaminare e riconoscere le nostre predisposizioni naturali verso la comprensione e l’empatia, spingendoci a superare le barriere culturali e linguistiche per abbracciare una visione più inclusiva e integrata della nostra società. In un mondo impegnato ad erigere muri fisici e ideologici, le narrazioni dei migranti rappresentano ponti di connessione che ci ricordano l’importanza di vivere insieme, di condividere spazi e storie e di arricchirci della diversità altrui. In definitiva, le loro esperienze offrono una potente lezione di resilienza e trasformazione, mostrando come un’identità possa essere non solo preservata ma anche arricchita attraverso l’incontro con l’altro. Invocano la necessità di un dialogo continuo e reciproco, fondamentale per la costruzione di un tessuto sociale che accetti e celebri le diversità piuttosto che temerle o respingerle. In questo senso, le storie dei migranti non solo documentano percorsi di vita, ma sono strumenti attraverso cui ciascuno di noi può espandere la propria comprensione del mondo e contribuire alla creazione di una società più equa e inclusiva, basata sul riconoscimento e sul rispetto reciproco. Costruttori di ponti e non di muri.
Note
[1] In conformità con il regolamento dei comitati di lettura, per tutelare l’anonimato degli autori e delle autrici delle storie raccolte, vengono utilizzati nomi fittizi.
Riferimenti bibliografici
Bakhtin M.M., The Dialogic Imagination. Four essays, ed. C. Emerson and M. Holquist, University of Texas Press, Austin 1981.
Canevaro A. e Malaguti E., Inclusione ed educazione: sfide contemporanee nel dibattito intorno alla pedagogia speciale, in “Italian Journal of Special Education for Inclusion”, 2, 2014, pp. 97-108.
Demetrio D., Scrittura clinica, Raffaello Cortina, Milano 2008.
Freire P., Pedagogy of the Oppressed, Herder and Herder, New York 1970.
Mortari L., Cultura della ricerca e pedagogia, Carocci, Roma 2007.
Pavone M., Inserimento, Integrazione, Inclusione, in L. d’Alonzo e R. Caldin, Questioni, sfide e prospettive della Pedagogia Speciale, vol. 1, Liguori, Napoli 2012, pp. 145-158.
L’autrice
Marianna Capo è una ricercatrice senior in Pedagogia generale e sociale presso l’Università Mediterranea di Reggio Calabria. È esperta di metodologie narrativo-autobiografiche. Gli interessi di studio, nel corso di un quindicennio, si sono focalizzati sulla promozione dell’apprendimento riflessivo e trasformativo e sulle metodologie narrativo-autobiografiche orientate allo sviluppo della consapevolezza del sé in ambito educativo e formativo. L’Educazione degli adulti è un aspetto centrale del suo impegno professionale, dove investe passione ed energia, riconoscendo l’importanza di un apprendimento continuo durante tutto l’arco della vita. In tale ambito collabora con l’Indire in qualità di ambasciatrice Erasmus + Eda.